2 febbraio 2011
Moralmente riprovevole
Nell’Italia del diritto una nuova forma di condanna viene riservata a chi entra in contatto con il servizio giustizia: l’attesa. Aspettare che la giustizia faccia il suo corso.
Accade a chi, ritendendosi innocente, si trova a dover subire i
tempi “indecenti” di un processo e giustificare all’opinione pubblica la
propria posizione processuale. Sarà forse una distorsione delle
garanzie costituzionali o una visione colpevolista
dell’indagato/imputato, ma in Italia un avviso di garanzia o un rinvio a
giudizio provocano il capovolgimento di uno dei principi fondamentali
dello stato di diritto: dalla non colpevolezza alla colpevolezza fino a sentenza definitiva.
Si dirà, chi è innocente non ha alcun problema a dimostrarlo nel
processo, deve avere fiducia nella magistratura. Ma non ci sono soltanto
le aule giudiziarie.
Quando un processo riguarda personaggi politici, la prassi
istituzionale vorrebbe che chi ricopra incarichi pubblici di natura
politica debba fare un passo indietro e aspettare l’esito del giudizio.
Aspettare quindi anche un’ipotetica quanto probabile sentenza della
Cassazione. In media l’attesa dura non meso di 5-6 anni, ma sono
frequenti i processi la cui durata supera i 10 anni. Tempi che hanno un
valore diverso a seconda della professione e dell’età dell’imputato. In
politica 6 anni sono un secolo, bastano e avanzano a stroncare una
carriera, a far mutare il corso degli eventi, a rendere inutile
un’eventuale pronuncia assolutoria al termine dell’iter processuale.
Assistiamo in questi giorni alla tempesta mediatico-politica
ribattezzata Rubygate e non ci sorprendiamo minimamente che la
discussione politica verta su atti processuali che ancora devono essere
dibattuti in giudizio. In quelle trascrizioni delle intercettazioni non
si parla di politica, ma di comportamenti privati di Berlusconi. Che
tali comportamenti abbiano o meno una rilevanza penale, non spetta nè al
lettore nè ai giornalisti deciderlo. Certo, un comportamento moralmente
riprovevole pur non essendo penalmente rilevante lo è politicamente.
Questo è il ragionamento di chi muove contestazioni politiche al
Presidente del Consiglio. Ma un’intercettazione che non attiene a
responsabilità penali non deve e non può essere resa di dominio
pubblico. E’ ragionevole pensare che non si istruiscano processi che
indaghino sulla dubbia moralità di un individuo.
A questo punto, a me vien da porre una semplice domanda: su cosa si
basano le contestazioni politiche? Berlusconi non governa l’Italia
perchè distratto dalle sue feste private? Berlusconi fa una politica
eterodiretta dal Vaticano sulle questioni etiche, difende la famiglia
tradizionale (a parole) ma ha una vita privata in contrasto con la
morale sostenuta politicamente? Non mi sembra siano queste le
contestazioni. Il fuoco di fila avversario si sta concentrando sulle
intercettazioni telefoniche, soprattutto sul contenuto moralmente
esecrabile.
Scopriamo così, per l’ennesima volta, che l’intercettazione –
strumento di ricerca della prova – serve anche da strumento d’
informazione giornalistico-politico. Il tutto in una fase in cui il
processo non è nemmeno iniziato. Uno stravolgimento del fine dello
strumento investigativo attraverso l’utilizzo di esso in un campo
extraprocessuale. Di questo si tratta, ma se ciò è utile a far cadere
Berlusconi, si può soprassedere su questa distorsione pericolosa. Il
fine giustifica i mezzi, si dirà. Una condanna morale e politica in
attesa del giudizio.
Bunga bunga, due, tre, dieci ragazze che danzano ai piedi del capo;
cinquemila, diecimila euro, gioielli, tette e culi. Sesso e denaro,
“politicamente parlando”.
Anche questa? Beato lui. Che schifo, è un malato. Queste sono le
reazioni dei cittadini italiani leggendo gli aggiornamenti del Rubygate e
i commenti dei politici. E’ l’immoralità del Cavaliere l’argomento
politico. Si parla del contenuto degli atti processuali più che dei
reati contestati a Berlusconi. E’ del contenuto che deve rispondere
all’opinione pubblica il “drago” di Arcore. Quindi, perchè meravigliarsi
se Silvio Berlusconi tenta di spostare la questione dal piano
processuale al piano politico? Il comportamento moralmente riprovevole
non ha nulla a che fare con il processo. E’ argomento politico. Non è
stato Berlusconi a spostare la questione sul piano politico, lo hanno
fatto le forze politiche di opposizione che hanno chiesto le sue
dimissioni da Presidente del Consiglio sulla base degli atti
processuali.
Questo è un cortocircuito politico-giudiziario che rafforza la difesa
del Premier. Perchè la partita si sta giocando sul piano politico oltre
che su quello processuale. Sul versante giudiziario Berlusconi sa
benissimo che il percorso è pieno di insidie e potrebbe riservargli
anche una eventuale condanna, quindi meglio prendere tempo.Sul fronte
politico invece potrebbe giocare all’attacco chiedendo una
rilegittimazione forte e dirompente attraverso il voto.
E così, ancora una volta, il condannato in attesa di giudizio
potrebbe riproporre agli italiani il referendum sulla propria persona.
Una campagna elettorale, l’ennesima, dove non si discuterebbe nè delle
riforme necessarie al Paese nè del perchè non sono state fatte pur
avendo una maggioranza unica nella storia repubblicana. Qualcuno vuole
davvero bene a Berlusconi al punto da avergli regalato l’alibi per
portare l’Italia allo scontro finale. La politica può aspettare. Ora c’è
il bunga bunga. Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 24 gennaio 2011
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