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" GLI UOMINI PASSANO, LE IDEE RESTANO. RESTANO LE LORO TENSIONI MORALI E CONTINUERANNO A CAMMINARE SULLE GAMBE DI ALTRI UOMINI"
"Basta ai giovani contestatori staccarsi dalla cultura, ed eccoli optare per l’azione e l’utilitarismo, rassegnarsi alla situazione in cui il sistema si ingegna ad integrarli. Questa è la radice del problema: usano contro il neocapitalismo armi che in realtà portano il suo marchio di fabbrica, e sono quindi destinate soltanto a rafforzare il suo dominio. Essi credono di spezzare il cerchio, e invece non fanno altro che rinsaldarlo."- Pier Paolo Pasolini
Libri Consigliati
Il Crepuscolo degli idoli di F. Nietzsche
L'unico e la sua proprietà di M. Stirner
Cose di Cosa nostra di Giovanni Falcone e M. Padovani
Poteri forti di Ferruccio Pinotti
La Israel lobby e la politica estera americana di J.J. Mearsheimer e Stephen M. Walt
L'Anticristo di F. Nietzsche
Fratelli d'Italia di Ferruccio Pinotti
Roghi Fatui di Adriano Petta
Le vie infinite dei rifiuti di Alessandro Iacuelli
1984 di George Orwell
Una teoria della Giustizia di John Rawls
"Combattere e vincere 100 battaglie non è prova di suprema eccellenza, la suprema bravura consiste nel piegare la resistenza del nemico senza combattere" -Sun Tsu-

 
 
 



"In Sicilia, per quanto uno sia intelligente e lavoratore, non è detto che faccia carriera, non è detto neppure che ce la faccia a vivere. La Sicilia ha fatto del clientelismo una regola di vita. Difficile in questo quadro, far emergere pure e semplici capacità professionali. Quel che conta è l'amico o la conoscenza per ottenere una spintarella. E' la mafia, che esprime sempre l'esasperazione dei valori siciliani, finisce per fare apparire come un favore quello che è il diritto di ogni cittadino". -Tratto da Cose di Cosa nostra di Giovanni Falcone e Marcelle Padovani-
"Non vi è dubbio che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte su cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere. Il fascismo, voglio ripeterlo,non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e d'informazione, non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre".- Pier Paolo Pasolini
PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO
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23 marzo 2011
VISITA "la CORRENTE"

E’ un blog d’informazione e confronto.
Un osservatorio plurale per raccontare la complessità dell’Italia.
• Non cerchiamo salvatori della Patria da
idolatrare e non abbiamo intenzione di arruolarci in nessun esercito.
L’Italia è il Paese dei comuni, dei particolarismi e delle differenze;
pensarli come valori è l’essenziale premessa ad un’Unità sostanziale. La
Corrente nasce come contenitore di differenze.
• La Corrente cerca contributi utili
alla discussione. E’ indifferente l’età, non ti chiediamo che cosa fai
nella vita, si entra senza tessera. Raccontaci la tua Italia.
• Crediamo che le soluzioni che ci
vengono offerte dalla Politica siano una parte del problema. La Politica
ha smarrito il suo ruolo all’interno della società, e sappiamo quanto
sia fallimentare una democrazia in cui sia assente uno degli attributi
del cittadino: i doveri. La Corrente persegue l’idea che la
partecipazione attiva del cittadino sia un dovere.
• E’ necessario uscire dalla cultura
dell’emergenza per rilanciare la necessaria programmazione e
pianificazione degli interventi atti a risolvere i problemi del Paese.
Siamo stanchi di difendere linee politiche confuse e fatte unicamente al
fine di far sopravvivere l’attuale ceto politico. Tra l’omologazione al
pensiero dominante e l’autonomia abbiamo scelto quest’ultima.
• L’Italia è già Europa, l’Europa è già Italia.
• Siete liberi di professare la propria
fede. La Corrente è un luogo per credenti e non credenti che si
riconoscono nella laicità delle Istituzioni Pubbliche. Qui non esistono
maggioranze o minoranze, ma persone.
Ti affascina l’idea?
Invia i tuoi contributi a redazione@lacorrente.com
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2 febbraio 2011
Enzo Amendola: il medico della peste
Il caos delle primarie napoletane non è
stato un brutto episodio e basta. Era qualcosa di prevedibile in largo
anticipo, bastava avere un po’ di buon senso e di ragionevolezza per
capire che a Napoli le primarie non sarebbero state un discutibile
esercizio di democrazia ma una resa dei conti. I segnali c’erano tutti,
anche il più lontano osservatore delle vicende campane del Pd li avrebbe
percepiti. A Napoli il Pd è in guerra, e non ci sono guerre senza
morti.
Forse qualcuno ha volutamente avallato la
resa dei conti, vuoi per timore di compromettere la propria carriera
politica, vuoi perché probabilmente il suo potere decisionale nel
Partito democratico campano è pari al rinnovamento che ha messo in campo
in questi mesi. Molti avevano sperato in una svolta politica in
Campania dopo aver sostenuto con convinzione l’elezione a segretario
regionale del giovane Enzo Amendola.
I fatti, dalla gestione della candidatura
di De Luca a presidente della Regione Campania, fino al comportamento
pilatesco che ha avuto nelle primarie napoletane, hanno fatto ricredere
quanti speravano in lui. Dopo aver ottenuto un consenso molto ampio –
fin troppo diremmo – alle primarie che lo elessero segretario regionale,
l’unico obiettivo perseguito dal giovane segretario è stato quello di
costruire l’organizzazione del partito sul territorio campano. Di
politica nemmeno a parlarne. Probabilmente l’errore è stato non
comprendere che nel Pd campano la polvere per troppi anni era stata
messa sotto il tappeto, e non poteva essere il tempo a risolvere qualche
antica questione.
Il Partito democratico campano è da sempre
lacerato da forti tensioni al suo interno, tutte di natura politica. Al
segretario Amendola deve piacere “il medico della peste”, il dottore che
cura l’appestato con un lungo e sottile bastone di legno, avendo cura
di poggiare sotto il naso delle erbe aromatiche per purificare l’aria.
C’era e c’è una grande questione politica
irrisolta: portare il Pd campano fuori dalle secche del bassolinismo e
dell’antibassolinismo. Superare il bassolinismo in quanto pratica di
potere per il potere; accantonare l’ antibassolinismo perché non è una
linea politica.
Invocare la parola d’ordine “unità”
tentando di comporre una questione politica attraverso la distribuzione
di deleghe (in segreteria regionale manca solo il responsabile “sole e
acqua” e poi tutti i settori sono coperti) non è una strategia
ragionevole. Se è vero che Veritas filia temporis, l’emersione delle frizioni politiche mai risolte non ha tardato a manifestarsi. Forse Amendola è devoto al motto cartesiano: bene vixit qui bene latuit,
ma il Pd campano pare interessarsi poco alla filosofia e, nel
frattempo, ha travolto lui e la sua pretesa unità. Ovvero può essere che
l’amico Enzo sia poco o nulla interessato al partito democratico
campano. Ci sarebbe da chiedere al segretario regionale: cui prodest?
Il mandato di Amendola aveva come obiettivo
quello di definire una nuova linea politica in Campania: ripulire il
partito dalle scorie radioattive generate dal potere degli ultimi 15
anni, far emergere le migliori energie al di là delle spartizioni
correntizie. Al contrario, pur avendo un forte legame con Bersani
(chissà se non sia questo il problema), Amendola ha creduto di poter
costruire un edificio su fondamenta precarie e logorate da tempo da una
guerra fratricida.
Riconoscere i limiti dell’azione politica
del segretario regionale del Pd e il suo scarso potere decisionale vuol
dire anche riconoscere grandi responsabilità della dirigenza nazionale.
Arginare il dissenso interno con dubbie strategie politiche ha, in
realtà, dilatato lo scontro politico, e oggi del partito resta solo
cinigia. In fondo Amendola quasi certamente siederà in Parlamento nella
prossima legislatura. Cari democratici campani, arrangiatevi! Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 1 febbraio 2011
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2 febbraio 2011
Moralmente riprovevole
Nell’Italia del diritto una nuova forma di condanna viene riservata a chi entra in contatto con il servizio giustizia: l’attesa. Aspettare che la giustizia faccia il suo corso.
Accade a chi, ritendendosi innocente, si trova a dover subire i
tempi “indecenti” di un processo e giustificare all’opinione pubblica la
propria posizione processuale. Sarà forse una distorsione delle
garanzie costituzionali o una visione colpevolista
dell’indagato/imputato, ma in Italia un avviso di garanzia o un rinvio a
giudizio provocano il capovolgimento di uno dei principi fondamentali
dello stato di diritto: dalla non colpevolezza alla colpevolezza fino a sentenza definitiva.
Si dirà, chi è innocente non ha alcun problema a dimostrarlo nel
processo, deve avere fiducia nella magistratura. Ma non ci sono soltanto
le aule giudiziarie.
Quando un processo riguarda personaggi politici, la prassi
istituzionale vorrebbe che chi ricopra incarichi pubblici di natura
politica debba fare un passo indietro e aspettare l’esito del giudizio.
Aspettare quindi anche un’ipotetica quanto probabile sentenza della
Cassazione. In media l’attesa dura non meso di 5-6 anni, ma sono
frequenti i processi la cui durata supera i 10 anni. Tempi che hanno un
valore diverso a seconda della professione e dell’età dell’imputato. In
politica 6 anni sono un secolo, bastano e avanzano a stroncare una
carriera, a far mutare il corso degli eventi, a rendere inutile
un’eventuale pronuncia assolutoria al termine dell’iter processuale.
Assistiamo in questi giorni alla tempesta mediatico-politica
ribattezzata Rubygate e non ci sorprendiamo minimamente che la
discussione politica verta su atti processuali che ancora devono essere
dibattuti in giudizio. In quelle trascrizioni delle intercettazioni non
si parla di politica, ma di comportamenti privati di Berlusconi. Che
tali comportamenti abbiano o meno una rilevanza penale, non spetta nè al
lettore nè ai giornalisti deciderlo. Certo, un comportamento moralmente
riprovevole pur non essendo penalmente rilevante lo è politicamente.
Questo è il ragionamento di chi muove contestazioni politiche al
Presidente del Consiglio. Ma un’intercettazione che non attiene a
responsabilità penali non deve e non può essere resa di dominio
pubblico. E’ ragionevole pensare che non si istruiscano processi che
indaghino sulla dubbia moralità di un individuo.
A questo punto, a me vien da porre una semplice domanda: su cosa si
basano le contestazioni politiche? Berlusconi non governa l’Italia
perchè distratto dalle sue feste private? Berlusconi fa una politica
eterodiretta dal Vaticano sulle questioni etiche, difende la famiglia
tradizionale (a parole) ma ha una vita privata in contrasto con la
morale sostenuta politicamente? Non mi sembra siano queste le
contestazioni. Il fuoco di fila avversario si sta concentrando sulle
intercettazioni telefoniche, soprattutto sul contenuto moralmente
esecrabile.
Scopriamo così, per l’ennesima volta, che l’intercettazione –
strumento di ricerca della prova – serve anche da strumento d’
informazione giornalistico-politico. Il tutto in una fase in cui il
processo non è nemmeno iniziato. Uno stravolgimento del fine dello
strumento investigativo attraverso l’utilizzo di esso in un campo
extraprocessuale. Di questo si tratta, ma se ciò è utile a far cadere
Berlusconi, si può soprassedere su questa distorsione pericolosa. Il
fine giustifica i mezzi, si dirà. Una condanna morale e politica in
attesa del giudizio.
Bunga bunga, due, tre, dieci ragazze che danzano ai piedi del capo;
cinquemila, diecimila euro, gioielli, tette e culi. Sesso e denaro,
“politicamente parlando”.
Anche questa? Beato lui. Che schifo, è un malato. Queste sono le
reazioni dei cittadini italiani leggendo gli aggiornamenti del Rubygate e
i commenti dei politici. E’ l’immoralità del Cavaliere l’argomento
politico. Si parla del contenuto degli atti processuali più che dei
reati contestati a Berlusconi. E’ del contenuto che deve rispondere
all’opinione pubblica il “drago” di Arcore. Quindi, perchè meravigliarsi
se Silvio Berlusconi tenta di spostare la questione dal piano
processuale al piano politico? Il comportamento moralmente riprovevole
non ha nulla a che fare con il processo. E’ argomento politico. Non è
stato Berlusconi a spostare la questione sul piano politico, lo hanno
fatto le forze politiche di opposizione che hanno chiesto le sue
dimissioni da Presidente del Consiglio sulla base degli atti
processuali.
Questo è un cortocircuito politico-giudiziario che rafforza la difesa
del Premier. Perchè la partita si sta giocando sul piano politico oltre
che su quello processuale. Sul versante giudiziario Berlusconi sa
benissimo che il percorso è pieno di insidie e potrebbe riservargli
anche una eventuale condanna, quindi meglio prendere tempo.Sul fronte
politico invece potrebbe giocare all’attacco chiedendo una
rilegittimazione forte e dirompente attraverso il voto.
E così, ancora una volta, il condannato in attesa di giudizio
potrebbe riproporre agli italiani il referendum sulla propria persona.
Una campagna elettorale, l’ennesima, dove non si discuterebbe nè delle
riforme necessarie al Paese nè del perchè non sono state fatte pur
avendo una maggioranza unica nella storia repubblicana. Qualcuno vuole
davvero bene a Berlusconi al punto da avergli regalato l’alibi per
portare l’Italia allo scontro finale. La politica può aspettare. Ora c’è
il bunga bunga. Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 24 gennaio 2011
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2 febbraio 2011
Elezioni in primavera
Mancano ormai poche ore al voto di fiducia e risulta estremamente
difficile fare previsioni su quel che accadrà dopo. Sono mesi che
l’azione di governo è paralizzata da una crisi di potere più che
politica. Non è la condizione economica e sociale dell’Italia a
preoccupare i protagonisti di questa crisi, ma la propria collocazione
futura nei posti di comando. Potere, questo si stanno contendendo
Berlusconi, Fini e Casini. Una partita tutta interna al centro-destra,
una contesa che lascerà morti e feriti (politicamente parlando) sul
campo in nome del bene del Paese. Si dice che è da irresponsabili andare
al voto in queste condizioni – c’è la crisi economica - ma l’analisi
del contesto mostra l’evidente ipocrisia di una simile affermazione. Non
si governa, il Parlamento è fermo, non c’è una maggioranza né si
intravedono future maggioranze politiche. Cui prodest il
prolungamento dell’agonia politica? Agli italiani, che più passano i
giorni e più si allontanano da questa politica indecente? Ai partiti
politici, ai parlamentari, ai poteri forti?
Tutti, tranne il Pdl, chiedono il governo istituzionale. Per fare
cosa? La legge elettorale. Già, le preferenze, il diritto dei cittadini a
poter scegliere il proprio rappresentante, la democrazia. A questo
punto dovremmo pensare che ci sia un’intesa tra le forze parlamentari
sul tipo di legge elettorale da varare. E invece, tranne un tentativo di far nascere un nuovo mostro, a noi comuni mortali non è dato sapere come procede il lavoro dei saggi.
Berlusconi continua a parlare di comunisti e di traditori (anche lui
dice la verità qualche volta) e per smentirlo il Pd ha nominato
responsabile delle riforme istituzionali (e quindi anche per la legge
elettorale) il saggio Luciano Violante, che nelle sue lezioni in giro
per l’Italia orgogliosamente si definisce “un comunista democratico”
(?).
Per il bene del Paese, care (in tutti i sensi) forze politiche
responsabili, fate calare il sipario su questa legislatura. Andiamo a
votare. Magari, se non è chiedere troppo, cari segretari di partito,
dato che la legge elettorale è uno strumento, provate ad utilizzarlo
bene. Meno collaboratori, parenti, amanti e amici. Più teste pensanti,
potrebbero tornarvi utili ma soprattutto ne ha bisogno l’Italia. Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 13 dicembre 2010.
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2 febbraio 2011
La Fiom è con Vendola, il Pd scelga il riformismo.
La manifestazione promossa dalla Fiom rappresenta una straordinaria
opportunità per il Partito democratico – forse l’ultima -, stretto così
com’è dalle sue mai risolte contraddizioni. Gli equilibrismi e il
malcelato collateralismo prodotti dalla sua classe dirigente hanno di
fatto reso ostaggi i democratici della loro incapacità di darsi un
profilo politico chiaro, ambizioso e strategicamente valido.
La piazza di Roma, ricca di retorica massimalista, conferma che
quella fascia di elettorato è ormai di appannaggio del narratore
Vendola. La partita per il Pd è persa, rincorrere quell’elettorato non
solo realizzerebbe una sovrapposizione politica debole (e perdente) per i
democratici, ma marcherebbe definitivamente la vocazione
all’opposizione di un partito che ambisce al governo del Paese. E’
giunto il momento di sciogliere questo nodo gordiano e forse soltanto
accettando questa realtà il Pd potrebbe finalmente riuscire ad occupare
lo spazio riformista – che a parere di chi scrive è ampio in Italia – di
cui la politica italiana ha bisogno.
Per quanto riguarda la questione del lavoro, nell’attuale scenario
politico italiano assistiamo al consolidamento di due posizioni
speculari ai rispettivi campi politici. Da un lato c’è la linea
“pilatesca” del governo fatta di annunci, di azioni e omissioni tendenti
a esasperare le contrapposizione tra i diversi soggetti protagonisti
della realtà produttiva italiana. Un non governo basato sul “divide et
impera”, i cui frutti migliori sono la disoccupazione dilagante,
l’assenza di un seria politica di sviluppo e l’annullamento della classe
media.
Sul fronte opposto c’è la linea sposata dalla Fiom-Cgil, sostenuta
politicamente da Vendola, strumentalmente dagli opportunisti alla Di
Pietro, e in silenzio dagli “speranzosi” esponenti del Pd che non si
rassegnano all’idea di non rappresentare più un determinato
elettorato. Questa linea politica si caratterizza per la mistificazione
della realtà, per una lettura di essa con gli occhi ideologizzati e di
partito, e per un’interpretazione dei fatti strumentale al proprio
disegno politico. Una linea della contingenza, che in ogni caso si
occupa del problema ma non della soluzione ad esso.
Bene, tra queste due opzioni politiche, l’Italia ha bisogno di una
terza modalità di azione che potrebbe e dovrebbe essere quella promossa e
sostenuta politicamente dal Pd: la linea del riformismo reale. Questa
posizione per essere spiegata necessita però di una premessa.
L’Occidente sta scoprendo che aver creato intenzionalmente o aver
avallato tacitamente per ragioni geo-economiche condizioni vantaggiose
per la pruduzione a basso costo di manodopera, è come aver scientemente
deciso di impostare diversamente lo sviluppo globale rinunciando di
fatto alla specificità “occidente”. Quest’impostazione sta portando
all’assurda conseguenza che non dovranno essere i paesi in via di
sviluppo a progredire, ma i paesi sviluppati a regredire. Una ricerca
dell’equilibrio al ribasso, sia sul piano dei diritti che su quello
materiale. Queste sono le ragioni dell’economia, le ragioni politiche
sono fuori da questo processo. Si è voluto marginalizzare la politica
quale luogo di mediazione degli interessi, confinandola ad un ruolo di
arbitro senza potere di intervento.
Nel caso Italia – che non è isolato ma inserito nel contesto globale
poc’anzi evidenziato – la concorrenza “sleale” dei paesi in via di
sviluppo dovuta all’assenza di normative a garanzia dei lavoratori ha
posto gli imprenditori dinanzi ad un bivio: sopravvivere,
delocalizzando o eventualmente eludendo la tassazione nelle forme più
“sicure” laddove si opti per mantenere la produzione in Italia, oppure chiudere per incapacità a concorrere con le attuali condizioni di mercato.
A questa condizione binaria il Partito democratico dovrebbe offirire
una soluzione o quantomeno fare delle proposte, quali: tassazione
consistente dei prodotti realizzati nei paesi dove non ci sono garanzie
per i lavoratori in linea con gli standard europei (un sano
protezionismo è in molti casi necessario), salario minimo europeo
obbligatorio da calcolare utilizzando come benchmark i paesi
dell’Eurozona, sgravi fiscali per chi non delocalizza,
sburocratizzazione della P.A. e dell’attività imprenditoriale, riduzione
del costo del lavoro e della pressione fiscale, ridefinizione dei
contratti di lavoro previsti dalla legge 30/03 alla luce dell’uso
distorto che si fa di essi.
Partecipare ma non aderire ad una manifestazione non risolve i
problemi del lavoro, non serve a definire un proprio profilo politico.
Manifesta invece la debolezza di un partito che non riesce a trovare il
bandolo della matassa. Se questo dovrà essere il Pd è meglio a questo
punto decretarne la morte. L’agonia non può più permettersela né il
centro-sinistra né in generale l’Italia.
Il Pd attualmente è in un cul de sac: o elabora e applica una nuova
strategia politica o continuerà a rimanere ostaggio della contingenza
regalando a Vendola & co. il tema del lavoro, a Di Pietro quello
della giustizia, ai Socialisti e ai Radicali quello della laicità dello
Stato e al centro-destra il governo del Paese.
Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 17 ottobre 2010
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15 agosto 2010
Congresso Provinciale GD Salerno
Il mio intervento al Congresso Provinciale dei Giovani Democratici di Salerno.
Legge elettorale, fisco e giustizia.
20 giugno 2010
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19 aprile 2010
Partito Democratico: tra forma e sostanza
Negli ultimi mesi dirigenti e rappresentanti del
Partito democratico hanno discusso di congresso, partito “leggero” o “pesante”,
candidature, primarie, elezioni. Tra formule organizzative e interpretazioni
varie dell’avanzata della Lega e di Berlusconi (guai a chiamarla sconfitta del
Pd), la Politica tra i democratici stenta ad affermarsi come momento
prioritario. Da più parti è stato auspicato un confronto su temi come il
profilo politico del Pd, l’offerta politica – intesa come capacità di astrarsi
dalla dinamica berlusconiana per proporre soluzioni per il Paese durature e non
contingenti -, la ridefinizione dei confini politici del partito
attraverso contenuti politici e programmatici.
Solo buoni propositi, ma nella realtà si preferisce
parlare del contenitore e non dei contenuti. Individuare le priorità per
l’Italia, elaborare in maniera chiara proposte e modalità di realizzazione
delle stesse, potrebbe portare ad una selezione naturale degli alleati,
evitando fraintendimenti, rotture mediatiche e cartelli elettorali.
Governabilità: è da questo punto che bisogna partire per ricostruire un normale
quadro politico, aperto al protagonismo anche di altre forze che condividono lo
spirito della “democrazia governante”. Bisogna uscire dalla precarietà e
dall’incertezza dell’attuale situazione politica, e ciò serve al Pd e
all’Italia.
Stritolato dalla sua tendenza conservatrice, il Pd
vive un momento difficile. Sperare nell’implosione del Pdl, quasi rassegnati ai
limiti della propria azione politica, è sintomo di una crisi di idee e di
strategia politica più profonda della superficiale litigiosità che fino ad oggi
ha caratterizzato i democratici. I metodi e le scelte politiche fatte negli
ultimi 15 anni non suscitano più interesse nei cittadini, hanno esaurito il
loro potenziale. Era prevedibile, prima o poi i nodi vengono al pettine.
Nell’ultimo decennio in Italia ci sono state
trasformazioni sociali e culturali che, di fatto, hanno reso inadeguata la
strategia politica messa in atto dal Pd. Le pratiche di pura gestione del
potere non garantiscono più risultati elettorali e politici. Il voto è divenuto
sempre più mobile, soggetto ai condizionamenti sensazionalistici e mediatici.
Nella dinamica berlusconiana l’ideologia ha ceduto il passo al “fare/apparire”,
la programmazione politica è stata sostituita dai sondaggi.
Purtroppo anche il Pd è andato a ruota, avallando di
fatto una concezione della politica fondata sulla prassi e sul leaderismo. Non
c’è futuro per un partito senza un quadro teorico di riferimento, a meno che la
tentazione plebiscitaria, presente nel Pd, non faccia da pendant al
deserto ideologico. Un simile percorso sarebbe davvero autolesionista. Così
come lo è stato allearsi con Antonio Di Pietro, “attore protagonista” della
strategia berlusconiana basata sulla polarizzazione dello scontro. Stucchevole
è stata la querelle sull’autosufficienza o meno del Pd. Sarebbe il caso
di parlare dell’autosufficienza o meno della dirigenza a delineare percorsi politici
di ampio respiro.
Bisogna rimettere in moto l’elaborazione politica e
culturale con una competizione sui contenuti e non sulle tessere (reali?), per
vincere le elezioni e non solo i congressi. Correnti di pensiero, e non
eserciti per faide tra leaders. Né la selezione della classe dirigente basata
sull’anagrafe né il rinnovamento autopoietico consentiranno al Pd di superare
la crisi attuale. Credo che sia necessario individuare la sostanza del partito
e rimettere eventualmente in discussione – se necessario – il progetto
democratico, per ridefinire il quadro politico del centrosinistra, recuperando
la tradizione riformista. Altrimenti il Pd continuerà ad essere minoranza
nel Paese.
Articolo pubblicato su FrontPage
Antonio Bruno
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2 marzo 2010
Circolo Giovani Democratici "B. Craxi"- Vallo della Lucania
Il giorno 1 marzo 2010 presso la sede del Partito Democratico di Vallo
della Lucania è stato costituito il circolo dei Giovani Democratici “B.
Craxi” di Vallo della Lucania. Nella prima fase di tesseramento si è
registrata l’adesione di 20 giovani di età inferiore ai 29 anni.
Animati da spirito propositivo, i Giovani Democratici di Vallo della
Lucania metteranno a disposizione della propria comunità il loro
impegno e la loro passione, fiduciosi di poter contribuire alla
crescita politica e sociale del Comprensorio Vallese. Convinti che la
partecipazione e la responsabilizzazione della generazione under 30
possa ridurre la diffidenza verso la Politica, i giovani democratici
del circolo “B. Craxi” di Vallo della Lucania, si auspicano una
partecipazione sempre più numerosa.
Comunica Stampa
Circolo Giovani Democratici "B. Craxi" - Vallo della Lucania Facebook: Giovani Democratici Vallo
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22 ottobre 2009
Consiglio Comunale di Vallo della Lucania
Seduta del Consiglio Comunale di Vallo della Lucania del 19-10-2009. La ripresa audiovisiva è un'iniziativa del Partito Democratico di Vallo della Lucania.

Antonio Bruno: Responsabile Comunicazione PD Vallo della Lucania
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15 ottobre 2009
Idee Giovani per Bersani - Il mio intervento
Assemblea pubblica della rete Idee Giovani per Bersani con ENZO
AMENDOLA (candidato segreteria regionale PD Campania per la mozione
Bersani) e l'On. LIVIA TURCO.
Il mio intervento:
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15 ottobre 2009
La Sinistra in crisi d'identità, la destra avanza.
E’ un pò di tempo ormai che un’associazione che si richiama
all’”estremocentroalto” e con un preciso obiettivo di radicamento
sociale e territoriale riempie le pagine dei giornali e risveglia nei
giovani della sinistra un sentimento di indefinito antifascismo. Sto
parlando di Casapound, ultimo movimento, ma non per importanza, che si
sta sviluppando nella galassia della destra italiana. Guai a chiamarli
fascisti senza specificare la loro collocazione temporale: il terzo
millennio! Fin qui, nulla di nuovo nel panorama italiano delle
categorie politiche: rossi, neri, comunisti, fascisti. Categorie di cui
potremmo farne tranquillamente a meno.
Desta invece irritazione (nei nostri ambienti di centrosinistra) la
volontà di Casapound di “appropriarsi” di certi ambiti politici
considerati fino ad oggi di esclusivo appannaggio della sinistra, per
tradizione, per cultura, o chissà, magari per diritto ereditario.
Il sociale, un ambito politico in cui c’è stata e c’è un’egemonia da
parte delle forze di centrosinistra, è diventato in questo periodo il
campo di battaglia dei movimenti di destra.
A Roma mentre Veltroni organizzava il Festival del Cinema, la destra
faceva proselitismo nei quartieri popolari. Alemanno Sindaco.
Nelle Università mentre i giovani di “sinistra” si avvitavano in
inutili discussioni sul ’68 o sul G8, piuttosto che occuparsi dei
problemi che vivono gli universitari, Azione Giovani conquistava
lentamente la maggioranza in numerosi consigli di facoltà.
Al nord mentre i sindacati si preoccupavano di scalini e scaloni pensionistici, la Lega attirava il consenso degli operai.
Oggi a Napoli assistiamo quasi stupiti all’occupazione da parte di
giovani attivisti di Casapound di uno stabile di proprietà del Comune.
Da “Sinistra” proteste, cortei, pubblicità gratuita a Casapound,
manifestazioni e inni all’antifascismo militante. Non una parola sul
perché quello stabile si trovi in quelle condizioni. Non una parola sul
perché da anni la sinistra non fa più la sinistra. Non una parola sulla
qualità della vita a Napoli, in Campania.
La cultura del nemico, dell’antagonismo per categorie, contestata
(giustamente) a Berlusconi, sta prendendo quota tra i giovani di
sinistra, legittimando implicitamente movimenti come Casapound.
Al di là dei gravi e nostalgici richiami al fascismo che viziano
qualsiasi forma di confronto politico con Casapound – perdonatemi ma
sono un volteriano alla Pertini – sarebbe opportuno entrare nel merito
delle proposte che vengono da quest’associazione. Il mutuo sociale, il
part-time retribuito per intero alle giovani madri, gli alloggi
sociali. Proposte che, da militante del centrosinistra, valuterei senza
alcun pregiudizio. Sull’omofobia, il razzismo, che seppur non
esplicitamente promossi dall’associazione, si respirano nell’aria
“nera”, nessuno sconto da parte nostra.
In virtù di queste considerazioni ritengo il percorso del
centrosinistra segnato: o riscopre le proprie radici, tornando a fare
il sindacato del territorio, non con sterili proteste bensì con la
politica, o è condannato a perdere nei luoghi che gli appartengo per
cultura e tradizione. Non si può campare di rendita. E quando Bersani
sostiene che il dato preoccupante è il consenso di Berlusconi tra il
popolo, altro non dice, a mio parere, che bisogna tornare tra la gente,
seriamente. Riscoprire il sociale è l’unico modo per recuperare quella
credibilità persa in questi anni. In poche parole, TORNIAMO A FARE
POLITICA.
30-09-2009
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21 giugno 2009
ReD Vallo della Lucania - Sapri - Golfo di Policastro: analisi del voto e prospettive politiche.
Non è mai superfluo, dopo una
tornata elettorale, interrogarsi sulle ragioni che hanno determinato il
prevalere di una proposta politica sull’altra. Inutile dire che tra i diversi
contendenti l’analisi è sempre coartata in funzione della propria strategia,
determinando un’analisi strumentale che non alimenta le dinamiche politiche. E’
la teoria dei due forni, si sceglie quello che garantisce un pane migliore.
Tutti vincitori, nessun vinto.
Noi rifiutiamo questa logica,
perché ReD nasce come associazione di donne e uomini che amano la politica e
che vogliono farla incontrare con tante persone;
perché ReD vuole costruire tante
“piazze delle idee”;
perché ReD non si sottrae alla
vocazione che gli è propria, quella di osservatorio politico.
Sentiamo di essere un’opportunità
per il Partito Democratico, laboratorio di un riformismo forte e moderno capace
di governare il terzo millennio, punto d’incontro delle culture
liberal-socialista e cattolico-sociale.
C’è una verità nuda e cruda che
questa campagna elettorale ha evidenziato: la scarsa propensione a rendere partecipi i cittadini di un
progetto comune.
Gossip, dietrologia, esercizio
verbale fine a sé stesso hanno trovato uno spazio smisurato, costringendo le
idee al di fuori del perimetro socio-politico.
La
politica si è resa evanescente come un paese che ha condizioni competitive non
può consentire. Deve allarmare la costante regressione che interessa quei
luoghi e quei modi che un tempo alimentavano l’analisi interpretativa sui
processi sociali, economici e politici. I mass media, in tal senso,
restituiscono la sintesi compiuta di quanto sia diventata residuale l’idea
dialettica del “dibattito”.
Malgrado tutto, nonostante la crisi in
atto, siamo persuasi che questo vuoto dialettico finirà per riprodurre anche in
Italia un insopprimibile bisogno di politica. Di più, finirà per riprodurre
attorno alle ragioni della crisi la dialettica abituale tra conservatori e
progressisti. Tra chi scommette sul cambiamento necessario e chi resiste al
cambiamento. La storia ci aiuta a dire che la politica seria può tornare di
moda. Noi di ReD crediamo fermamente in un nuovo rinascimento della politica,
ed è per questo che invitiamo tutti a tenere seriamente aperti quei luoghi
residuali di analisi e di aprirne altri per tenere viva l’attenzione su
processi che noi giudichiamo reversibili, per prepararsi alle conseguenze che
la crisi può generare sullo scenario ora asfittico della politica italiana.
Cari cilentani, questo vale a
maggior ragione per il nostro territorio.
C’è
l’urgenza di una nuova stagione che stimoli i cilentani a riappropriarsi degli
spazi politici, a praticare quella “politica identitaria” mai concretamente
perseguita. Non ci sembra che i nostri rappresentanti abbiano curato
quest’aspetto, irretiti come sempre in quelle dinamiche ancillari che mal
sopportano la centralità dell’identitarismo cilentano nel dibattito politico.
Eppure abbiamo notato nei comuni cilentani una buona propensione a rendersi
attori di un progetto di crescita e sviluppo del territorio, e ciò interessa
giovani e meno giovani. C’è dunque, reale, uno scollamento tra la classe
dirigente e il cittadino, una sospensione tra chi “amministra” il territorio e
chi “vive” il territorio.
Personalismi
e campanilismi soffocano le nostre comunità, ma non sono i cittadini a
sponsorizzare queste pratiche autolesioniste. A qualcuno interessa farlo
credere, ma noi siamo qui per smentirli.
Troppo spesso una parte della
società italiana è pronta a barattare la passione politica per un posto di
lavoro "sospeso" che, in un mercato lavorativo concorrenziale, non
spetterebbe a chi l’ha prenotato. La raccomandazione non è soltanto una
degenerazione della pratica di governo, ma un'aspirazione che interessa non
pochi strati della popolazione civile.
Noi “Riformisti e
Democratici” invitiamo i cilentani ad
alzare un’unica voce contro chi ci vuole più deboli. E’ questa l’unica strada
praticabile per reggere il confronto con realtà che ci sovrastano
politicamente, economicamente ed elettoralmente.
Ci si lamenta del
“napolicentrismo” ma troppo spesso si dà fiducia a chi fonda la sua politica
sul dividere più che sul ricercare le ragioni della solidarietà: è l’idea di
chi asseconda solo il proprio successo e la propria voglia di potere.
Noi
di ReD invitiamo i cittadini cilentani a sfiduciare chi allontana la sua azione
politica dal recupero di una necessaria coesione tra le nostre comunità, chi
non mostra alcun interesse su una politica territoriale solidale. E’ il momento
di ritornare alla politica attiva, di annullare la distanza tra politica e
cittadini, in Italia come nel Cilento.
Il
passo successivo toccherà al riformismo.
Siamo
convinti che occorra recuperare l’alleanza riformista tra merito e bisogno, nel
momento in cui sono molto più agguerrite le fortezze presidiate dai difensori
dello status quo. La trasformazione del presente è il punto conclusivo di un
percorso che si può realizzare solo con la partecipazione, con le idee, con la
dialettica e la condivisione di un progetto comune.
I
“Riformisti e Democratici” di Vallo della Lucania e del Golfo di Policastro non
si sottrarranno al gravoso impegno: raccogliere tutte le energie sociali,
intellettuali e politiche disposte a misurarsi con la sfida del cambiamento, per costruire una comunità di
cittadini libera, forte, ambiziosa e coesa.
CRISTIANO DE CESARE SABATO VINCI
ANTONIO BRUNO
(ReD
Vallo della Lucania
(ReD Sapri-Golfo di Policastro
red_vallodellalucaniahotmail.it) redcarnation@hotmail.it)
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12 aprile 2009
UN'IDEA RIFORMISTA PER LO SVILUPPO DEL CILENTO
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16 gennaio 2009
CILENTO, E' ORA DI RIFLETTERE
La vicenda dell’A.s.l.
Sa 3 conferma l’opinione che mi sono fatto della politica cilentana nel corso
di questi anni: naviga a vista senza una
meta.
Inevitabilmente e, ahimè, improduttivamente, ogni discussione politica seria, al di là
dell’oggetto di essa, finisce per essere un momento di sterile contrapposizione
verbale sull’uomo e non sull’idea o l’azione.
Sarà forse dovuto
all’inesperienza politica, intesa come assenza di una scuola di formazione
politica, o a una precisa volontà della classe dirigente autoreferenziale, che
il Cilento, ad oggi, non ha una prospettiva politica. Il guardare oltre alle questioni
interne dei “partiti”, l’ambizione a
recitare un ruolo da protagonista, la volontà di differenziarsi dalla
malapolitica campana e in generale italiana. Tutti questi elementi dovrebbero
ispirare l’azione politica cilentana e, invece, apriamo gli occhi e vediamo
solo puerili divisioni campanilistiche, l’affermarsi dell’idea della politica
come interesse per fini personali, baronie, e malessere.
Si, il malessere che si respira nell’aria, l’insoddisfazione
per la mancanza di vitalità, il venir meno giorno dopo giorno della speranza di
un cambiamento possibile; questi sono sintomi di una crisi che è molto più complessa e più
pericolosa rispetto alle altre crisi, vere o presunte. Credo che la politica
non sappia dare le giuste risposte a questo malessere. Non perché non è in
grado (e lo dico per presunzione di non colpevolezza…), ma perché non ci prova.
Forse il problema non è l’assenza di risposte adeguate, ma l’incapacità di
porsi le domande. Ad esempio: cosa serve più ai cilentani, avere l’A.s.l. Sa 3
o avere un servizio sanitario di qualità?
La politica per me “europeo”
dovrebbe essere soprattutto paideia,
esempio, guida, non soltanto ricerca ossessiva del consenso. Gli americani
lentamente tendono ad europeizzarsi mentre noi lentamente ci avviciniamo alla
politica – marketing americana!!! Questioni di convenienza…
Quanto al cittadino,
dovrebbe mettersi in guardia dai c.d. effetti di assimilazione, che si
verificano ogniqualvolta egli percepisce le opinioni espresse nel messaggio
politico come più prossime alle sue di quanto non lo sono nella realtà. Ciò è
dovuto soprattutto allo scarso interesse del cittadino medio nei confronti
della res publica e,
all’inconsapevolezza del ruolo che invece può recitare nella società. E’ più facile delegare. Questione di
convenienza(?)…
Per quanto riguarda
invece una pessima tendenza che si sta affermando anche nel nostro Cilento,
ossia la legittimazione popolare come sanatoria di ogni male, ritengo che essa
non può e non deve essere un alibi per i politici inclini a portare avanti i loro interessi
personali a discapito dell’interesse generale.
Sull’acquisizione del
consenso si dovrebbe aprire una seria riflessione. Per quanto tempo ancora si potrà andare
avanti con la logica del do ut des?
Cari amici cilentani sono anni ormai che stiamo dando senza ottenere nulla,
anzi stiamo perdendo, non l’A.s.l, o qualche altro centro di potere, ma le risorse
umane, le migliori menti. Guardatevi intorno, siamo sempre di meno, una
decrescita demografica costante, comuni che in disprezzo del buon senso
difendono campanilisticamente il loro “diritto a morire” pur di non unirsi e
fare sistema. Parafrasando il titolo di un film e di un romanzo di successo “No country for old man”, tristemente mi vien da dire: “Cilento – No country for young man”.
Ritornando alla
paventata ipotesi di soppressione dell’A.s.l. Sa 3, sarebbe stato molto più
facile per me presentare la vicenda offrendo al lettore soltanto gli argomenti
a sostegno della posizione prevalente nel Cilento, ossia la ritorsione
politica, l’ingiustificata avidità salernitana.
Invece ho tentato di
porre all’attenzione del lettore entrambi i lati della vicenda: la ritorsione
politica e la cattiva gestione (a mio
avviso) non tanto economica ma politica dell’A.s.l Sa 3.
Discutiamo nel merito
della questione, proponiamo soluzioni possibili. Ve ne sarete resi conto tutti
della debolezza dei politici nel Cilento, sono in difficoltà e cercano aiuto e
consenso. Che vigliaccheria, quando le cose vanno apparentemente bene fanno a
meno di chiedere la partecipazione dei cittadini, quando invece non sono in
grado di risolvere i problemi tentano di usarci come pedine del loro
scacchiere.
Prossimamente
riporterò, se autorizzato, alcune riflessioni sull’A.s.l. Sa 3 che mi sono
state inviate.
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6 gennaio 2009
ASL SA 3: AI "PAZIENTI" L'ULTIMA PAROLA
Riporto di seguito i video dell’Assemblea Cittadina che si è tenuta a Vallo della Lucania il 3 gennaio 2009 dal tema: “Salviamo la sanità e l’autonomia del Cilento e Vallo di Diano”. Come molti di voi già sapranno la Regione Campania ha varato il piano di rientro dal disavanzo sanitario al fine di evitare il commissariamento della sanità campana da parte del Governo. Essendo una semplice presentazione mi limiterò a cartografare cursoriamente la questione. Il piano prevede una razionalizzazione della spesa che si traduce in tagli di posti letto e in una (probabile) diminuzione delle A.S.L. presenti sul territorio regionale; la provincia di Salerno sembrerebbe ricevere il peggior trattamento tenuto conto che la diminuzione dovrebbe colpire due delle tre A.s.l. che gravitano nella provincia salernitana. Come dire, la coperta è troppo corta, da una parte bisogna tagliare. Volendo sorvolare sul fatto che soltanto la minaccia del commissariamento ha condotto la giunta campana a intaccare selettivamente i serbatoi elettorali dei vari dominus della regione e a porre un freno allo sperpero di denaro pubblico, la scelta di assegnare una sola A.S.L per provincia ha risvegliato nei cittadini campani, o meglio a una parte di essi, quell’interesse al servizio sanitario che per molti anni è stato latitante. Ma come stanno realmente le cose in merito all’A.s.l. Sa 3? Il think tank cilentano lamenta una grave perdita per il territorio, non si fida della gestione salernitana, teme una penalizzazione del territorio meno influente politicamente (il Cilento) a vantaggio di Salerno e hinterland. Soltanto qualche timido accenno all’utente, ossia al cittadino. Mistero. Le cariche dirigenziali in questa tormentata vicenda sembrano contare più della qualità del servizio reso ai cittadini. Spaventa l’ipotesi dell’A.s.l. unica, ma si tace sulla gestione clientelare della sanità posta in essere in questi anni. Un silenzio in realtà assordante, tant’è che lo scrivente legge nella nuova posizione del consiglio regionale e, di conseguenza, del Pd campano la volontà politica di ridefinire ruoli e posizioni. Nessuna censura sulla malasanità, oggi in Campania è in atto una faida politica e, more solito, a pagare saremo noi cittadini. Dunque, una faida interessa l’area del Partito Democratico, partito che oggi gestisce l’A.s.l Sa 3, partito rappresentato in questo territorio dal vice-presidente della giunta regionale Antonio Valiante. Un nuovo martire per il Cilento? O, piuttosto, l’incapacità cronica dei cilentani a leggere una realtà ben più complessa? Ai “Pazienti” l’ultima parola...
I VIDEO DELL'ASSEMBLEA CITTADINA
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11 maggio 2008
IL NAUFRAGIO
La
vittoria annunciata delle elezioni politiche da parte del sempreverde
Berlusconi, e l’affermazione di Alemanno a Roma segnano l’inizio del countdown.
Il sistema si mostrerà con le vesti dell’entourage Berlusconiano, e in un
processo incontrollabile si genererà l’anti-sistema. Ovviamente gli interpreti
dell’altra faccia del potere non potranno più essere coloro che fino a pochi giorni fa erano il
sistema superficiale del potere stesso. Veltroni & Co. a casa…si può
fare!!! Solo chi non ha occhi per vedere e orecchie per sentire, e ahimè in Italia
ce ne sono molti, può negare o confutare a proprio piacimento il ruolo
determinante svolto dall’informazione in questi anni di sospensione della
politica, intesa come servizio per la collettività. Gli interessi personali o
partitici hanno fatto smarrire il fine dell’azione politica di un governo, di
un parlamento o di qualsivoglia istituzione. Il progresso materiale e culturale
del popolo italiano collide con le logiche individualiste e settarie
dell’attuale politica italiana. Berlusconi non ha un progetto, è un
semi-dittatore utile solo a se stesso. Gli anni novanta hanno fatto emergere
l’incapacità e la vera natura degli uomini politici della sinistra italiana. Mascherati
da paladini della questione morale, questi uomini senza senso che si facevano
chiamare comunisti, appena hanno accarezzato la calamita del potere, lungamente
sognata, hanno tolto la maschera e hanno mostrato la loro vera natura, calpestando
la questione morale e gli ideali socialisti (che non hanno nulla in comune con
il socialismo italiano recente). Poco accorti e figli di un’ideologia(?)
incompatibile con la realtà italiana, i padri della seconda repubblica delle
banane, si sono fatti travolgere dal potere. Solo chi ha un progetto politico
ben preciso e un’ideale che svolga la funzione di faro può opporre resistenza
all’immane forza corruttrice del potere. Beh, questi uomini della sinistra
italiana erano sprovvisti dei necessari ancoraggi, e il naufragio prima o poi
doveva avvenire. Oggi possiamo dire con gioia e leggerezza d’animo che la nave
è affondata senza il suo capitano, semplicemente perché non c’era nessun
capitano. Credo che dagli inizi degli anni novanta sia iniziato il percorso di
avvicinamento all’anno 0 della sinistra. Ora è il momento dell’autocritica e
dei saluti finali.
Sul
fronte opposto il sistema Berlusconi è stato allevato seguendo schemi e
procedure tipiche di un altro sistema di potere, o meglio del sommo potere, l’Impero:
con il controllo dell’informazione è giunto a influenzare le coscienze degli
italiani, anche di quelli avversi alla sua politica. E’ bene dirlo, Berlusconi
ama questa sinistra italiana, a lei deve l’autorizzazione a candidarsi alle
elezioni politiche del 1994,
a lei deve soprattutto il disorientamento degli elettori
di sinistra.
Già
dalla fine degli anni novanta il sistema Berlusconi era pronto per riprodursi,
era maturo per essere elevato a religione. Il depauperamento costante della
coscienza critica e civile operato dalla televisone italiana, vedi reality
farsa, falsi miti made in Costanzo & De Filippi, informazione e
approfondimento modello Bruno Vespa – Emilio Fede, rispondono ad una logica ben
precisa, che è quella di creare le condizioni ottimali per far nascere i figli
del sistema Berlusconi: gli elettori – drone di cui parlava Cristiano in un
precedente articolo. Berlusconi ha creato dei mostri replicanti, tra i quali lo
stesso PD.
pd
pdl
informazione
coscienze
italia
| inviato da parteattiva il 11/5/2008 alle 16:26 | |
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5 aprile 2008
LA CHIAMAVANO LAICITA'
Ciao, vi ricordate di me? Sono un principio fondamentale della democrazia, ma nel vostro bel Paese non c’è posto per me. Quando io non ci sono c’è meno democrazia; quando io non ci sono non c’è pluralismo; quando io non ci sono… ci sono loro: gli oscurantisti.
Ho provato ad affermarmi anche da voi, ma senza nessun risultato; forse sono incompatibile con il dna dei vostri politici, forse rappresento la libertà, vera nemica dell’oscurantismo.
Nel vostro paese vengo declinata in tutti i modi, tranne che in quello giusto. C’è chi prospetta derive laiciste e anticlericali se un giorno mi affermerò, e c’è chi invece non prospetta nulla, perché ben conscio che difficilmente mi affermerò!!!
Potete trovarmi in Francia, Spagna, Germania, Olanda, Inghilterra, Belgio. Loro sono democrazie, e lì i diritti civili non vengono chiamati “questioni eticamente sensibili”, ma semplicemente diritti.
Arrivederci Italia
Laicità

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11 ottobre 2007
CIAO CIAO SINISTRA
Il 14 ottobre segnerà la fine
dell’egemonia dei Ds nella “sinistra” italiana. Con il Partito Democratico di
fatto i DS lasciano ciò che avevano di sinistra ad una moltitudine di aspiranti
forze di ispirazione comunista o socialista. La sinistra italiana è
paralizzata da una contrapposizione ideologica decisamente anacronistica tra
comunisti e socialisti, o meglio tra i primi e l’ideologia socialista,
incautamente e antistoricamente accantonata dai figli di Togliatti con l’aiuto
del Bettino “socialista, guida distruttrice del PSI. Tre partiti di ispirazione
comunista sono davvero troppi se non inutili sotto il profilo storico e
politico. Se ad essi (PRC, CI, SD) aggiungiamo il nascente Partito Socialista,
la frammentazione politica della sinistra può dirsi completata. Storicamente
l’ideologia comunista non ha più ragion d’essere e sono davvero stucchevoli le
arrampicate sugli specchi dei massimalisti italiani, che vedono nei precari di
oggi gli operai di ieri. Il coraggio di superare dignitosamente gli steccati ideologici
è, e non può essere diversamente, il
punto di partenza di un nuovo progetto politico della sinistra italiana. Una
grande forza di ispirazione social-democratica che faccia da contrappeso al PD
(DC) può evitare la deriva centrista che si profila all’orizzonte. Saranno in
grado le cariatidi della sinistra più antistorica che ci sia in Europa ad
evitare il proprio suicidio politico? I neocentristi democratici, nel
frattempo, stanno mollando gli ormeggi e si allontano dal porto della sinistra
per approdare nella caritatevole darsena del potere. O la sinistra cambia o l’Italia
dovrà rassegnarsi ad uomini di provata moralità come Mastella…l’inciucio è
vicino!! 
sinistra
futuro
PD
| inviato da parteattiva il 11/10/2007 alle 9:42 | |
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3 ottobre 2007
TURBOLENZE ITALIANE
La
società italiana è scossa da un’ondata di scetticismo nei confronti di chi
esercita il potere di governo sulla comunità, sia esso di destra o di sinistra.
Eppure ci sono politici e finti giornalisti che inverosimilmente marginalizzano
questo fenomeno bollandolo come antipolitica. In un Italia partitocratrica
l’uno o l’altro schieramento sono complementari per la sopravvivenza di un
sistema politico che tende ad escludere e non ad includere. Prodi sostiene che
la politica è lo specchio della società…Forse dimentica o ignora che la
politica ha il compito di guidare la società; infatti questa politica ci sta
portando in un baratro dal quale sarà difficile risalire. La decadenza etica
della classe dirigente del nostro paese, sempre più spesso preoccupata di
autoconservare il proprio potere, piuttosto che di affrontare i problemi che
affliggono il bel Paese ( il paese del sole che non sviluppa fonti di energia
alternative come il fotovoltaico!!!), inevitabilmente influisce sull’agire del
cittadino. Se una norma, sia essa giuridica o etica, non viene rispettata dal
vertice della piramide organizzativa dello stato, ossia da chi dovrebbe dare
l’esempio, per una sorta di effetto domino essa sarà percepita in maniera distorta dal popolo. In un certo
senso il non rispetto delle norme da parte di chi ci governa, “autorizza” il
cittadino a compiere tante piccole infrazioni. L’informazione dovrebbe avere un
ruolo decisivo nel rendere conoscibili misfatti ed inganni politici, ma cinicamente
anch’essa tende a preservarsi e a non alterare il quadro dei poteri
consolidatosi nel tempo. Chi crede in un rinnovamento interno della politica
non fa altro che alimentare l’oscurantismo persistente che ci attanaglia e che
ci condannerà ad un futuro di malessere sociale e di malaffare istituzionale. Serve un impulso esterno, pulito ed
eticamente corretto, per azzerare questo polipo dai mille tentacoli chiamato
politica. Che sia Grillo o qualcun altro non importa; è indispensabile una
rivoluzione culturale, sociale ed etica affinché il vuoto non venga colmato da
soggetti già contaminati da questo sistema.
“Non ho paura della cattiveria dei
malvagi, ma del silenzio degli onesti”- Martin
Luther King
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26 settembre 2007
MAFIA DI STATO
A 27 anni
dall’introduzione del 416 - bis nessuno più
(teorie dellutriane del “Mafia way of life” a parte) si sognerebbe di
negare l’esistenza del fenomeno mafioso, come un tempo accadeva.Una piaga
intollerabile che soffoca lo sviluppo sociale ed economico di metà del nostro
territorio,e falsa in partenza l’economia nazionale e globale.Un esecutivo di
un Paese che si suol definire civile e democratico non dovrebbe avere
esitazione nell’ inserire la lotta generalizzata alla criminalità organizzata
tra i primi e fondamentali punti della propria agenda di governo. In un Paese
veramente civile probabilmente si proclamerebbe lo stato d’emergenza. Eppure in
Italia da decenni si susseguono Governi che tacitamente inducono a convivere
con il fenomeno mafioso, come se esso non esistesse o come se non fosse un
problema della politica ma di esclusivo appannaggio della Magistratura e delle
forze dell’ordine. La volubilità dell’opinione pubblica, assuefatta agli strali
anestetici dell’informazione di regime, fa il resto. La Mafia non è un problema di
mero ordine pubblico, questo lo sanno anche i gatti, ma i nostri politici non si
sforzano di presentare il problema in termini diversi,in quelle rare occasioni
in cui se ne discute, e cioè quando qualcuno spara e ci scappa il morto. Si
parla continuamente di economia, di tasse, di occupazione, etc., ma mai un
cenno al fatto che metà del territorio nazionale è in mano alle mafie, che metà
della nostra economia è in nero, che al sud è praticamente impossibile svolgere
attività d’impresa e che le organizzazioni criminali “fatturano” ogni anno una
somma su per giù corrispondente a quattro volte la finanziaria 2007. Ai nostri
politici tutto questo sembra non interessare. C’è chi considera prioritario
riformare le pensioni, chi approvare i Dico, chi modificare la legge 30, la
lotta alla mafia sembra quasi un problema secondario, non impellente. Per i
magistrati in terra di Mafia fare il proprio dovere è diventato quasi impossibile. Confindustria promette
l’espulsione agli imprenditori che pagano il pizzo. Ma cosa fa lo Stato per
proteggere le vittime del racket? Pino Masciari, uno dei pochi imprenditori ad
aver denunciato il sistema, vive da 10 anni come un desaparecido insieme alla
sua famiglia e gli è stata persino sottratta la scorta. Tant’è che trova
addirittura difficoltà a testimoniare nei processi. Il senatore a vita Emilio
Colombo tramite la scorta alimentava un traffico di cocaina. Lui si che ne
aveva davvero bisogno… Chi può avere il coraggio di denunciare sapendo di non
poter contare sul sostegno delle istituzioni?Per quanto tempo ancora
tollereremo che i Dell’Utri, i Cuffaro, gli Andreotti siedano comodamente sulle
loro poltrone? E’ pur vero, mala tempora
currunt,e il degrado morale di questa classe dirigente induce a
chiedersi se davvero sia possibile
cadere più in basso di così. Ma dopo 5 anni di Forza Mafia al Governo era
lecito aspettarsi qualcosa di più che la nomina a Ministro della Giustizia di un
testimone di nozze di uno stretto
collaboratore di Provenzano e di due pregiudicati per reati contro lo Stato e la P.A. nella commissione
antimafia. Del resto il fantomatico programma di Governo dell’Unione parla
della lotta al crimine organizzato come “priorità assoluta”e tra le tante cose
si propone di :” recidere il patto scellerato criminalità organizzata - politica
- impresa, perseguendo senza esitazioni contiguità e collusioni con il sistema
mafioso”. Invito a punzecchiare con decisione nelle sedi opportune i despoti di
casa nostra per chiedere il rispetto del programma di Governo nel punto “Lotta al crimine organizzato”. E’
giunto il momento di smetterla di chinare il capo, di chiudere gli occhi di
fronte all’ingiustizia e al malaffare e di rapportarci con deferenza a questi
politicanti di basso profilo.Chiedere una politica senza compromessi con il
malaffare non è chiedere la luna. O forse non lo sarebbe se non fossimo in
Italia…
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20 settembre 2007
L'ANTICAMERA DELLA CRISI...
Se
un medico dovesse fare una diagnosi al centro-sinistra italiano, sicuramente
direbbe che il paziente è affetto da schizofrenia. Si vota un programma
elettorale di oltre 200 pagine, e chi cerca di farlo rispettare viene additato
come irresponsabile. Si vincono le elezioni cavalcando l’antiberlusconismo, ma
le leggi vergogna sono ancora lì. Addirittura in sede europea il governo Prodi
ha difeso la legge Gasparri…in nome dell’italianità e della mala-politica!!!
Ricordate la legge ex-Cirielli? Poca roba in confronto dell’indulto!!! La
mancanza di decisionismo nell’ambito della coalizione, come gia sottolineato in
precedenti post, autoironicamente definitasi Unione, si sta manifestando giorno
dopo giorno in modo crescente, direi preoccupante. Temo un “si salvi chi può”
all’orizzonte. Oggi al senato è andata in onda l’ennesima prova di forza del
Governo: si vota la mozione dell’Unione sulla Rai, la maggioranza non c’è,
semmai c’è stata!!! Come al solito i problemi di tenuta della maggioranza
vengono dal centro. Se non ci sono i numeri per affrontare la questione Rai,
immaginate quando il parlamento dovrà votare la finanziaria o la riforma del
welfare!! Vabbè tanto ci siamo abituati ai suicidi dell’Unione: Mastella non
vota il programma dell’Unione nella parte in cui si affrontano i Pacs. Cosa fa
il Governo, ben sapendo che i senatori dell’Udeur sono decisivi? Propone i
Dico. Risultato? Cade il governo!!! Forse manipolare e controllare
l’informazione in una società poco educata alla verità, è più importante di
amministrare e governare la res publica.
Ecco perché tutti i partiti vogliono un consigliere nel Cda Rai. Il direttore
del Tg2 ipotizza scenari drammatici a causa delle dichiarazioni di Beppe
Grillo…sarà forse perché sente puzza di bruciato, e da fedele servo del potere
scende in campo in prima persona per difendere il sistema che gli ha permesso
di occupare quel posto. Se osservate il linguaggio di questa politica
vergognosa, vi renderete conto che ciclicamente il discorso verte su termini
scelti ad hoc per distogliere l’attenzione dai veri problemi: riformisti,
radicali, anticlericali, teo-dem, teo-con, liberali-democratici etc. Ora è il
momento dell’antipolitica. La soluzione?
Il Partito Democratico, il neo(?)-centrismo…Berlusconi!!! 
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15 settembre 2007
PAROLE, PAROLE, PAROLE...
Come
al solito in Campania il processo di rinnovamento della politica è destinato al
fallimento. Finzione è il termine adatto per definire ciò che gli illustri
politici campani chiamano nuova stagione della politica. Se il segretario
nazionale del Partito Democratico spettava ai Ds in virtù del 17.5 % dei voti
su base nazionale, inevitabilmente, e ahimè tristemente, il segretario
regionale del PD campano doveva essere, e sarà, un esponente della Margherita,
primo partito della giunta regionale con
il 15.92 % dei voti. Il clientelismo paga in termini elettorali, e questo lo
sanno bene i cittadini campani, che dovrebbero avere una sanità eccellente in rapporto a quanto
spende la regione, dovrebbero avere una regione con uno sviluppo economico
notevole dato l’immane quantitativo di denaro affluito nelle casse (solo?)
regionali dall’ Unione Europea (POR e tutti gli altri acronimi che servono a
non far capire di cosa si tratta!!!), e invece? In questo ultimo anno era stata
prospettata una politica nuova, capace di eliminare ogni tipo di connivenza con
la criminalità organizzata, di risolvere l’emergenza dei rifiuti urbani e
tossici, di ridurre al minimo strutturale il virus del clientelismo, di
innovare, di creare sviluppo e occupazione. E invece qual’è il risultato di tutte
queste parole al vento? Chi gestiva e
gestisce a proprio piacimento la politica campana, continuerà a gestirla anche
dopo il 14 ottobre, attraverso pedine che non conoscono cosa sia l’autonomia,
la progettualità e il merito. Il PD sarà il frutto della partecipazione dei
cittadini alla politica, dicevano…Partecipazione non significa legittimare
scelte prese da chi non vuole la partecipazione!!
Beh…non
tutto è perduto, abbiamo pur sempre il PASER di ferragosto, il Columbus Day, le
consulenze, 1 tonnellata di rifiuti tossici per ogni abitante della regione
campania, il sole, la pizza e il mandolino!!!
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2 settembre 2007
REALTA' VIRTUALE
Giorni
di passione e di nostalgia del passato per la politica italiana. Un passato di
trame oscure e di debito pubblico. La politica ormai vive di proclami e
minacce, di finte ritorsioni e di momentanee riconciliazioni. In democrazia il
politico deve render conto del suo operato al cittadino. In Italia no, l’autoreferenzialità è l’unico criterio di
rendicontazione conosciuto dai politici. Il club di Montecitorio non ammette la
partecipazione del popolo; essa è severamente vietata dall’art. 1 dello statuto
della casta: “Mai permettere al cittadino
di esercitare appieno i suoi diritti politici”. Rinnovamento e nuove
alleanze, manifestazioni e governo, circoli e P2, neocentrismo e
anticlericalismo. Tutti temi che stanno molto a cuore ai nostri carissimi
politici, stanchi di un’informazione pressante ed incalzante, che non riesce a
cogliere i frutti di una classe dirigente usurata e sottopagata, e troppo spesso
fustigata e messa al bando per qualche misera clientela, o per qualche inutile
ed insignificante privilegio.
Non
c’è nulla da dolersi quando la politica è innovatrice e portatrice di idee come
è in Italia. Che male c’è nell’avere la classe dirigente più vecchia d’Europa?
Non è colpa dei politici se lo statuto del club prevede come requisito per
l’adesione un’età che possa assicurare la continuazione della specie homo latro. Preservare il club da
giovani intraprendenti e ancora idealisti è un imperativo categorico. Per questo motivo chi ancora crede in
principi come l’uguaglianza e la legalità è pregato di non interferire con il
lavoro del club, pena l’allontanamento coattivo
dell’aula del sacro parlamento. C’è un’informazione deviata che pur di
speculare sui politici fa credere che un ottimo stipendio da precario non
permette di progettare il futuro. Che blasfemia!!! E’ con 15000 euro che non si
riesce ad arrivare a fine mese, non con 1000 euro. Tutta questa malvagità sarà
sicuramente il frutto di un complotto organizzato da Al Qaeda!!! Ne sono certi
i politici, per questo armano, a colpi di esenzioni, il condottiero Ratzinger…

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23 agosto 2007
LA POLITICA SI RINNOVA...
L’estate
torrida paventata dai nostradamus del meteo si è fortunatamente rivelata una
boutade giornalistica. Piuttosto l’Italia è in fiamme, ma per questo non c’è
bisogno di nessun frate indovino. Un po’ come dichiarare che la politica
italiana è attesa da un autunno rovente, facile no? I
tribuni del popolo non hanno perso tempo, dissotterrando il classico clichè degli
affabulatori dal fiato corto: rinnovamento. Il
rubicondo signore dell’estasi non esiterebbe ad esclamare: perbacco! I
nostri affabulatori sono probabilmente stanchi, neanche si sforzano di
camuffare la forma. Perché
non adoprare, a tal uopo, la santissima lingua dei nostri Padri come, motu proprio, suggerisce il lefebvriano
Benedetto XVI? “Lupus
agnum edit” disse il savio lupo all’ingenuo gregge di agnelli, e tutti esclamarono:
meraviglia! Renovatio,
signori, renovatio salmodiate dalle panche del parlamento. Nessuno
obietterà, nessuno ammonirà, nessuno vi accuserà di profanare la nostra lingua
madre, mater omnium virtutum. Insomma,
in un parla-mento tutto è lecito e,
d’altronde, il linguaggio è un organismo pulsante, cangiante nei tempi e nei
modi. E se la classica renovatio diventa sinonimo di “cerchiobottismo”, nulla
di nuovo sotto il sole d’Italia, patria dei Gonzaga e dei Borgia, dei
Machiavelli e dei cicli storici vichiani. Qua non si muore con tutti i
filistei…
Questa
è la terra del Partito Democratico e della “prode” Finanziaria. Pare
necessario sottolineare che, per quanto siano stati concepiti da eccellentissime
menti, gli stessi rientrano nella vile categoria degli strumenti, dei
dispositivi; ciò che, con felice intuizione, i parlanti inglesi chiamano device - e facciamoli contenti gli
anglosassoni, questi tronfi ma lodevolmente sintetici padroni del mondo. Un
partito, una manovra economica sono, per l’appunto, device, nulla più.
Il
rinnovamento, al contrario, è qualcosa che rimanda all’ethos, qualcosa che
mette alla prova gli autori di questi dispositivi. Insomma, renewal is not a mere device. Ah,
quest’inglesi! Agli
autori dobbiamo chiedere di tradurre le loro idee in prospettive affatto nuove,
di sciogliere i ceppi di un passato logoro. Epperò
sembra che il principio-guida dei nostri “cari” onorevoli sia il trasformismo, ben altra cosa
dall’auspicato rinnovamento. Accade tra queste valentissime menti che un
movimento circolare sia confuso per un movimento progressivo. Una vera
disdetta!
Amministrare
e governare con giudizio la res publica
deve essere l’atout per gli eletti dal popolo, ma pare che l’esercizio
parlamentare offuschi la mente di questi onorevoli rappresentanti a tal punto
da persuaderli che essi siano gli eletti del
popolo. E
da questo bizzarro bisticcio di parole, da una vocale aperta e poi chiusa in
malo modo può accadere, come invero accade, che l’interesse collettivo si
confonda incidentalmente in interesse personale. Del
tutto incidentale, ovviamente.
Il
“popolo sovrano” resta l’idea fondativa del vi..[.]oso parlamentare, che opera
sempre e comunque per il bene della collettività, fraternamente. Tocchereste
Caino, voi? In
fondo è nostro fratello, lavora per noi…
Aristide Cherubini Giacoia
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21 giugno 2007
I DS CALANO L'ASSO...
Il
partito democratico chiama, Veltroni risponderà? Sull’autorevolezza e sul
carisma del sindaco di Roma non ci sono dubbi, è lui l’unico leader del
centrosinistra che può far recuperare consenso al melting pot unionista.
Improvvisamente i dirigenti dei Ds hanno capito che così non si va da nessuna
parte, anzi il 17.5% preso alle ultime elezioni, vacilla sotto le scure delle
intercettazioni, del poco peso politico del primo partito della coalizione,
troppo spesso impegnato ad occupare poltrone, e poco sensibile alle aspettative
della sua base. Quindi, vista la situazione complessa, i Ds giocano il jolly
Veltroni, colui che sapientemente ha subito lo strapotere dalemiano all’interno
del partito, ma che ora guarda D’Alema e Fassino come il lupo guarda l’agnello!!!
Quest’accelerazione nella designazione del leader del Pd può avere diverse
chiavi di lettura: si sceglie Veltroni perché questo governo di sopravvivenza
avrà poca vita, e il Pd vuole arrivare pronto alle elezioni (2008?-2009?); ma
l’altro lato della medaglia può essere però molto negativo per la sinistra
visto il trend del calo dei consensi: si rischia di bruciare anche l’unica
carta vincente capace di prevalere sullo schieramento di centrodestra.
Finalmente però i Ds hanno avuto il coraggio di candidare un loro uomo alla
guida del paese, e questa mossa potrebbe stravolgere anche gli assetti della
Casa delle Libertà, perché se così fosse, la candidatura di Berlusconi potrebbe
vacillare, data la sua l’età. La destra senza Berlusconi non vincerà mai, Fini
non ha il carisma del Cavaliere, Casini è ormai in rotta di collisione con gli
alleati. Comunque andrà si profila un’estate bollente, non solo a livello
climatico!!!
pd
ds
veltroni
| inviato da parteattiva il 21/6/2007 alle 14:17 | |
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1 giugno 2007
MORALISTI A CASA NOSTRA...
di
Antonio Bruno ed Emilio Prinzo
Le idee religiose hanno ancora molto impero, più di quanto non si creda da taluni filosofi. Esse possono rendere grande servizio all’umanità. Essendo d’accordo col papa si domina ancora la coscienza di 100 milioni di uomini. (Benito Mussolini, 5 maggio 1929)
A parte il rilievo che quei 100 milioni di uomini sono diventati 1 miliardo, queste parole del Duce suonano ancora molto attuali e bisognerebbe ricordarle a chi ancora ingenuamente pensa che il potere temporale della Chiesa si sia esaurito con l’estinzione dello Stato Pontificio. Del resto se c’è tanta gente che è disposta a credere a vetusti miti giudaici (tipo Adamo ed Eva e il serpente della prima mela) e a formulazioni dottrinali in stile surrealistico - fantascientifico (tipo
la Trinità
e la transustanziazione,sic!) non c’è da meravigliarsi…Certo, ci dicono che siamo una democrazia. In una democrazia funziona che tutte le confessioni religiose sono uguali davanti allo Stato e nessun ordinamento religioso interferisce con le norme dello Stato. Si chiama laicità, e in sua assenza non vi è democrazia.
Ergo
, tecnicamente non possiamo definirci una democrazia in piena regola (tra l’altro se fosse quello della laicità l’unico deficit di democrazia in questo Paese staremmo a posto). Perché non mi si venga a dire che c’è laicità in uno Stato dove esistono cose come l’8 per mille, l’ora di religione nelle scuole, i crocifissi nelle aule pubbliche e dove le gerarchie ecclesiastiche riescono, grazie alla complicità dei partiti-vergogna, cattolici e non, a dettare l’agenda della politica e a dominare i costumi e la morale. Si cerca di imporre l’assolutismo di una morale bigotta, sessuofoba, ipocrita e spesso razzista, che si pretende sia fondata sulla parola di Dio, quando in realtà si tratta della riformulazione fuori contesto di principi enunciati in testi millenari, appartenenti ad una realtà lontana anni luce dalla nostra, riformulazione spesso basata su libere associazioni che farebbero impallidire il miglior Kafka.. Salvo poi guardarsi bene essi stessi dal rispettarla. Così abbiamo preti che predicano vangeli in cui si beatifica la povertà, accanto a ceri elettrici a gettone stile
slot machine
, emblema di un business che va dai santuari mariani, agli scandalosi giubilei, al listino prezzi dei vari sacramenti e attività connesse. Tutto questo profittando dell’ignoranza della povera gente. Un business così florido da parte di un ente parassitario e improduttivo richiederebbe quantomeno un adeguata tassazione. Invece
la Chiesa
sottrae ogni anno allo Stato 9 miliardi di euro tra contributi pubblici ed esenzioni fiscali, più 2 miliardi e 250 milioni complessive ai Comuni in termini di esenzione ICI. Metà della finanziaria 2004. Non è meraviglioso? Si predica il “Non uccidere” dimenticandosi che il Catechismo giustificava la pena di morte fino a ieri l’altro, e che la stessa pena di morte è rimasta effettivamente in vigore nel Vaticano fino al secolo scorso. Si condannano l’Illuminismo, il relativismo, lo scientismo e un sacco di altri “-ismi”, in quanto radici dei mali moderni e si rivendicano le radici cristiane del moderno pensiero democratico e scientifico, quando in realtà qualsiasi persona che conosca un po’ di storia sa che è l’esatto contrario, e cioè che
la Chiesa
è stato un freno al progresso umano e scientifico, e lo è ancora oggi, perché non c’è molta differenza tra il condannare l’evoluzionismo e l’eliocentrismo e scagliarsi contro la ricerca sulle staminali. Si condanna il narcotraffico, ma si seppellisce Enrico De Pedis, noto capo della Banda della Magliana, omicida e narcotrafficante, nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare, un privilegio che, secondo il diritto canonico spetta solo al Pontefice, ai cardinali e ai vescovi. Si biasima la corruzione, ma non fu proprio lo IOR a smistare la maxitangente Enimont? Eh, già, lo IOR…Che dire dello IOR, la banca delle meraviglie, l’unica banca in Europa a non aderire alle norme antiriciclaggio, un collettore di tutta la sporcizia di questo mondo, al centro di tante tra le vicende più oscure di questo Paese…Che dire di Calvi, Sindona, Marcinkus, Gelli Ortolani? Tutti esempi di moralità? Eppure nessun cardinale si è mai indignato per gli strani rapporti finanziari tra l’Ambrosiano e lo IOR…Che dire, “Beati i poveri”… Ebbene, nonostante tutto questo, non appena qualcuno solleva un minimo di critica si scatena un finimondo, appena qualcuno che ha un po’ di senso dello Stato invoca la laicità si tirano fuori sciocchezze letterarie tipo ”laicismo”, “anticlericalismo”, “stalinismo” ecc., i potentati di turno come cagnolini stanno sempre schierati a difesa di Santa Romana Chiesa e quasi mai si spende una parola sul merito della questione. Ovviamente con la complicità del solito giornalismo viscido e ossequioso e di personaggi come Vespa, che si divertono a mandare in onda puntate sulla Madonna di Fatima e il compleanno del Papa, mentre per vedere rai educational bisognerebbe svegliarsi alle 5 del mattino. Questa è l’Italia della doppia morale, una per la gente, l’altra per chi la detta. Gli italiani hanno delegato la propria coscienza morale alla Chiesa, perché forse è più comodo così, è sempre meglio giudicare gli altri che guardarsi dentro. In un periodo di crisi sociale, come quello che stiamo attraversando, i poteri forti tendono sempre di più alla difesa dei propri ruoli, da un lato la politica, dall’altro
la Chiesa
, da un altro ancora gli industriali, uniti nel nome dell’autoconservazione del potere; noi cittadini siamo l’esercito dei vari poteri, ci schierano per “combattere” finte guerre ideologiche che hanno come unico obiettivo la sopravvivenza ed il rafforzamento di un potere sempre più marcio.
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