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Parteattiva by Antonio Bruno is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
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Antonio Bruno

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" GLI UOMINI PASSANO, LE IDEE RESTANO. RESTANO LE LORO TENSIONI MORALI E CONTINUERANNO A CAMMINARE SULLE GAMBE DI ALTRI UOMINI"
"Basta ai giovani contestatori staccarsi dalla cultura, ed eccoli optare per l’azione e l’utilitarismo, rassegnarsi alla situazione in cui il sistema si ingegna ad integrarli. Questa è la radice del problema: usano contro il neocapitalismo armi che in realtà portano il suo marchio di fabbrica, e sono quindi destinate soltanto a rafforzare il suo dominio. Essi credono di spezzare il cerchio, e invece non fanno altro che rinsaldarlo."- Pier Paolo Pasolini
Libri Consigliati
Il Crepuscolo degli idoli di F. Nietzsche
L'unico e la sua proprietà di M. Stirner
Cose di Cosa nostra di Giovanni Falcone e M. Padovani
Poteri forti di Ferruccio Pinotti
La Israel lobby e la politica estera americana di J.J. Mearsheimer e Stephen M. Walt
L'Anticristo di F. Nietzsche
Fratelli d'Italia di Ferruccio Pinotti
Roghi Fatui di Adriano Petta
Le vie infinite dei rifiuti di Alessandro Iacuelli
1984 di George Orwell
Una teoria della Giustizia di John Rawls
"Combattere e vincere 100 battaglie non è prova di suprema eccellenza, la suprema bravura consiste nel piegare la resistenza del nemico senza combattere" -Sun Tsu-

 
 
 



"In Sicilia, per quanto uno sia intelligente e lavoratore, non è detto che faccia carriera, non è detto neppure che ce la faccia a vivere. La Sicilia ha fatto del clientelismo una regola di vita. Difficile in questo quadro, far emergere pure e semplici capacità professionali. Quel che conta è l'amico o la conoscenza per ottenere una spintarella. E' la mafia, che esprime sempre l'esasperazione dei valori siciliani, finisce per fare apparire come un favore quello che è il diritto di ogni cittadino". -Tratto da Cose di Cosa nostra di Giovanni Falcone e Marcelle Padovani-
"Non vi è dubbio che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte su cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere. Il fascismo, voglio ripeterlo,non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e d'informazione, non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre".- Pier Paolo Pasolini
PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO
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23 marzo 2011
VISITA "la CORRENTE"

E’ un blog d’informazione e confronto.
Un osservatorio plurale per raccontare la complessità dell’Italia.
• Non cerchiamo salvatori della Patria da
idolatrare e non abbiamo intenzione di arruolarci in nessun esercito.
L’Italia è il Paese dei comuni, dei particolarismi e delle differenze;
pensarli come valori è l’essenziale premessa ad un’Unità sostanziale. La
Corrente nasce come contenitore di differenze.
• La Corrente cerca contributi utili
alla discussione. E’ indifferente l’età, non ti chiediamo che cosa fai
nella vita, si entra senza tessera. Raccontaci la tua Italia.
• Crediamo che le soluzioni che ci
vengono offerte dalla Politica siano una parte del problema. La Politica
ha smarrito il suo ruolo all’interno della società, e sappiamo quanto
sia fallimentare una democrazia in cui sia assente uno degli attributi
del cittadino: i doveri. La Corrente persegue l’idea che la
partecipazione attiva del cittadino sia un dovere.
• E’ necessario uscire dalla cultura
dell’emergenza per rilanciare la necessaria programmazione e
pianificazione degli interventi atti a risolvere i problemi del Paese.
Siamo stanchi di difendere linee politiche confuse e fatte unicamente al
fine di far sopravvivere l’attuale ceto politico. Tra l’omologazione al
pensiero dominante e l’autonomia abbiamo scelto quest’ultima.
• L’Italia è già Europa, l’Europa è già Italia.
• Siete liberi di professare la propria
fede. La Corrente è un luogo per credenti e non credenti che si
riconoscono nella laicità delle Istituzioni Pubbliche. Qui non esistono
maggioranze o minoranze, ma persone.
Ti affascina l’idea?
Invia i tuoi contributi a redazione@lacorrente.com
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15 febbraio 2011
Nel giardino di casa nostra
Accade
che nel giardino di casa nostra si verifichino eventi politici molto importanti
ma in casa si è distratti dall'ultima serie dello show televisivo più seguito
dagli italiani: "Le passioni di
Silvio. Vita e opere dell'uomo condannato a non governare l'Italia stando al
governo".
A pochi chilometri dalle nostre coste, non così pochi da farli a nuoto ma
strategicamente importanti per la geografia politica dell'area
mediterranea, Tunisia prima ed Egitto dopo, hanno segnato una nuova strategia
politica americana nel Mediterraneo. Responsabilizzare l'Islam, esportare la
democrazia senza militari (propri), scrivere una nuova pagina nei rapporti
geopolitici del Medio Oriente. La linea Obama all'Italia sembra interessare
poco. Robetta da elitari. I resistenti italiani vogliono sapere quante
donne” papi Silvio” è in grado di
soddisfare. Parli di Mubarak e il resistente parla della nipote di Mubarak.
Battuta facile, il sorrisetto e l'auspicio a rimanere uniti ma senza nè leader
e nè coalizione per abbattere il tiranno Berlusconi. Stucchevole.
Eppure bisognerebbe fermarsi un attimo a riflettere su quali conseguenze
politiche ci saranno in Europa dopo l'investimento americano sul compromesso
tra religione, diritti ed economia nell'area mediterranea. Riconoscimento
politico dei fratelli musulmani e democrazia per il popolo in cambio di cosa?
Non è per caso che il prezzo della democrazia in Egitto (e nella Libia chissà
quando) graverà sulle spalle di un'Europa incapace di acquisire definitivamente
un ruolo politico nel mare Nostrum?
Vorremmo davvero credere alle rivoluzioni nate su Twitter (ogni $rivoluzione$
aumenta il suo valore di mercato - buono a sapersi -) e che mettere a riposo un
ferro vecchio come Mubarak sia un'operazione da niente? Israele, Iran, Hezbollah,
Hamas, Mediterraneo. Cose Turche!!!
Come al solito qualcuno in Italia ha pensato bene di suggerire il modello
egiziano e tunisino per cacciare Berlusconi. E' sempre triste constatare che
non ci sia limite alla stupidità umana. A me Twitter e Facebook funzionano
bene, quasi quasi lancio una rivoluzione colorata, qualche filantropo potrebbe
incuriosirsi…
mubarak
israele
egitto
usa
obama
italia
| inviato da parteattiva il 15/2/2011 alle 15:43 | |
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2 febbraio 2011
Enzo Amendola: il medico della peste
Il caos delle primarie napoletane non è
stato un brutto episodio e basta. Era qualcosa di prevedibile in largo
anticipo, bastava avere un po’ di buon senso e di ragionevolezza per
capire che a Napoli le primarie non sarebbero state un discutibile
esercizio di democrazia ma una resa dei conti. I segnali c’erano tutti,
anche il più lontano osservatore delle vicende campane del Pd li avrebbe
percepiti. A Napoli il Pd è in guerra, e non ci sono guerre senza
morti.
Forse qualcuno ha volutamente avallato la
resa dei conti, vuoi per timore di compromettere la propria carriera
politica, vuoi perché probabilmente il suo potere decisionale nel
Partito democratico campano è pari al rinnovamento che ha messo in campo
in questi mesi. Molti avevano sperato in una svolta politica in
Campania dopo aver sostenuto con convinzione l’elezione a segretario
regionale del giovane Enzo Amendola.
I fatti, dalla gestione della candidatura
di De Luca a presidente della Regione Campania, fino al comportamento
pilatesco che ha avuto nelle primarie napoletane, hanno fatto ricredere
quanti speravano in lui. Dopo aver ottenuto un consenso molto ampio –
fin troppo diremmo – alle primarie che lo elessero segretario regionale,
l’unico obiettivo perseguito dal giovane segretario è stato quello di
costruire l’organizzazione del partito sul territorio campano. Di
politica nemmeno a parlarne. Probabilmente l’errore è stato non
comprendere che nel Pd campano la polvere per troppi anni era stata
messa sotto il tappeto, e non poteva essere il tempo a risolvere qualche
antica questione.
Il Partito democratico campano è da sempre
lacerato da forti tensioni al suo interno, tutte di natura politica. Al
segretario Amendola deve piacere “il medico della peste”, il dottore che
cura l’appestato con un lungo e sottile bastone di legno, avendo cura
di poggiare sotto il naso delle erbe aromatiche per purificare l’aria.
C’era e c’è una grande questione politica
irrisolta: portare il Pd campano fuori dalle secche del bassolinismo e
dell’antibassolinismo. Superare il bassolinismo in quanto pratica di
potere per il potere; accantonare l’ antibassolinismo perché non è una
linea politica.
Invocare la parola d’ordine “unità”
tentando di comporre una questione politica attraverso la distribuzione
di deleghe (in segreteria regionale manca solo il responsabile “sole e
acqua” e poi tutti i settori sono coperti) non è una strategia
ragionevole. Se è vero che Veritas filia temporis, l’emersione delle frizioni politiche mai risolte non ha tardato a manifestarsi. Forse Amendola è devoto al motto cartesiano: bene vixit qui bene latuit,
ma il Pd campano pare interessarsi poco alla filosofia e, nel
frattempo, ha travolto lui e la sua pretesa unità. Ovvero può essere che
l’amico Enzo sia poco o nulla interessato al partito democratico
campano. Ci sarebbe da chiedere al segretario regionale: cui prodest?
Il mandato di Amendola aveva come obiettivo
quello di definire una nuova linea politica in Campania: ripulire il
partito dalle scorie radioattive generate dal potere degli ultimi 15
anni, far emergere le migliori energie al di là delle spartizioni
correntizie. Al contrario, pur avendo un forte legame con Bersani
(chissà se non sia questo il problema), Amendola ha creduto di poter
costruire un edificio su fondamenta precarie e logorate da tempo da una
guerra fratricida.
Riconoscere i limiti dell’azione politica
del segretario regionale del Pd e il suo scarso potere decisionale vuol
dire anche riconoscere grandi responsabilità della dirigenza nazionale.
Arginare il dissenso interno con dubbie strategie politiche ha, in
realtà, dilatato lo scontro politico, e oggi del partito resta solo
cinigia. In fondo Amendola quasi certamente siederà in Parlamento nella
prossima legislatura. Cari democratici campani, arrangiatevi! Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 1 febbraio 2011
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2 febbraio 2011
Moralmente riprovevole
Nell’Italia del diritto una nuova forma di condanna viene riservata a chi entra in contatto con il servizio giustizia: l’attesa. Aspettare che la giustizia faccia il suo corso.
Accade a chi, ritendendosi innocente, si trova a dover subire i
tempi “indecenti” di un processo e giustificare all’opinione pubblica la
propria posizione processuale. Sarà forse una distorsione delle
garanzie costituzionali o una visione colpevolista
dell’indagato/imputato, ma in Italia un avviso di garanzia o un rinvio a
giudizio provocano il capovolgimento di uno dei principi fondamentali
dello stato di diritto: dalla non colpevolezza alla colpevolezza fino a sentenza definitiva.
Si dirà, chi è innocente non ha alcun problema a dimostrarlo nel
processo, deve avere fiducia nella magistratura. Ma non ci sono soltanto
le aule giudiziarie.
Quando un processo riguarda personaggi politici, la prassi
istituzionale vorrebbe che chi ricopra incarichi pubblici di natura
politica debba fare un passo indietro e aspettare l’esito del giudizio.
Aspettare quindi anche un’ipotetica quanto probabile sentenza della
Cassazione. In media l’attesa dura non meso di 5-6 anni, ma sono
frequenti i processi la cui durata supera i 10 anni. Tempi che hanno un
valore diverso a seconda della professione e dell’età dell’imputato. In
politica 6 anni sono un secolo, bastano e avanzano a stroncare una
carriera, a far mutare il corso degli eventi, a rendere inutile
un’eventuale pronuncia assolutoria al termine dell’iter processuale.
Assistiamo in questi giorni alla tempesta mediatico-politica
ribattezzata Rubygate e non ci sorprendiamo minimamente che la
discussione politica verta su atti processuali che ancora devono essere
dibattuti in giudizio. In quelle trascrizioni delle intercettazioni non
si parla di politica, ma di comportamenti privati di Berlusconi. Che
tali comportamenti abbiano o meno una rilevanza penale, non spetta nè al
lettore nè ai giornalisti deciderlo. Certo, un comportamento moralmente
riprovevole pur non essendo penalmente rilevante lo è politicamente.
Questo è il ragionamento di chi muove contestazioni politiche al
Presidente del Consiglio. Ma un’intercettazione che non attiene a
responsabilità penali non deve e non può essere resa di dominio
pubblico. E’ ragionevole pensare che non si istruiscano processi che
indaghino sulla dubbia moralità di un individuo.
A questo punto, a me vien da porre una semplice domanda: su cosa si
basano le contestazioni politiche? Berlusconi non governa l’Italia
perchè distratto dalle sue feste private? Berlusconi fa una politica
eterodiretta dal Vaticano sulle questioni etiche, difende la famiglia
tradizionale (a parole) ma ha una vita privata in contrasto con la
morale sostenuta politicamente? Non mi sembra siano queste le
contestazioni. Il fuoco di fila avversario si sta concentrando sulle
intercettazioni telefoniche, soprattutto sul contenuto moralmente
esecrabile.
Scopriamo così, per l’ennesima volta, che l’intercettazione –
strumento di ricerca della prova – serve anche da strumento d’
informazione giornalistico-politico. Il tutto in una fase in cui il
processo non è nemmeno iniziato. Uno stravolgimento del fine dello
strumento investigativo attraverso l’utilizzo di esso in un campo
extraprocessuale. Di questo si tratta, ma se ciò è utile a far cadere
Berlusconi, si può soprassedere su questa distorsione pericolosa. Il
fine giustifica i mezzi, si dirà. Una condanna morale e politica in
attesa del giudizio.
Bunga bunga, due, tre, dieci ragazze che danzano ai piedi del capo;
cinquemila, diecimila euro, gioielli, tette e culi. Sesso e denaro,
“politicamente parlando”.
Anche questa? Beato lui. Che schifo, è un malato. Queste sono le
reazioni dei cittadini italiani leggendo gli aggiornamenti del Rubygate e
i commenti dei politici. E’ l’immoralità del Cavaliere l’argomento
politico. Si parla del contenuto degli atti processuali più che dei
reati contestati a Berlusconi. E’ del contenuto che deve rispondere
all’opinione pubblica il “drago” di Arcore. Quindi, perchè meravigliarsi
se Silvio Berlusconi tenta di spostare la questione dal piano
processuale al piano politico? Il comportamento moralmente riprovevole
non ha nulla a che fare con il processo. E’ argomento politico. Non è
stato Berlusconi a spostare la questione sul piano politico, lo hanno
fatto le forze politiche di opposizione che hanno chiesto le sue
dimissioni da Presidente del Consiglio sulla base degli atti
processuali.
Questo è un cortocircuito politico-giudiziario che rafforza la difesa
del Premier. Perchè la partita si sta giocando sul piano politico oltre
che su quello processuale. Sul versante giudiziario Berlusconi sa
benissimo che il percorso è pieno di insidie e potrebbe riservargli
anche una eventuale condanna, quindi meglio prendere tempo.Sul fronte
politico invece potrebbe giocare all’attacco chiedendo una
rilegittimazione forte e dirompente attraverso il voto.
E così, ancora una volta, il condannato in attesa di giudizio
potrebbe riproporre agli italiani il referendum sulla propria persona.
Una campagna elettorale, l’ennesima, dove non si discuterebbe nè delle
riforme necessarie al Paese nè del perchè non sono state fatte pur
avendo una maggioranza unica nella storia repubblicana. Qualcuno vuole
davvero bene a Berlusconi al punto da avergli regalato l’alibi per
portare l’Italia allo scontro finale. La politica può aspettare. Ora c’è
il bunga bunga. Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 24 gennaio 2011
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2 febbraio 2011
Elezioni in primavera
Mancano ormai poche ore al voto di fiducia e risulta estremamente
difficile fare previsioni su quel che accadrà dopo. Sono mesi che
l’azione di governo è paralizzata da una crisi di potere più che
politica. Non è la condizione economica e sociale dell’Italia a
preoccupare i protagonisti di questa crisi, ma la propria collocazione
futura nei posti di comando. Potere, questo si stanno contendendo
Berlusconi, Fini e Casini. Una partita tutta interna al centro-destra,
una contesa che lascerà morti e feriti (politicamente parlando) sul
campo in nome del bene del Paese. Si dice che è da irresponsabili andare
al voto in queste condizioni – c’è la crisi economica - ma l’analisi
del contesto mostra l’evidente ipocrisia di una simile affermazione. Non
si governa, il Parlamento è fermo, non c’è una maggioranza né si
intravedono future maggioranze politiche. Cui prodest il
prolungamento dell’agonia politica? Agli italiani, che più passano i
giorni e più si allontanano da questa politica indecente? Ai partiti
politici, ai parlamentari, ai poteri forti?
Tutti, tranne il Pdl, chiedono il governo istituzionale. Per fare
cosa? La legge elettorale. Già, le preferenze, il diritto dei cittadini a
poter scegliere il proprio rappresentante, la democrazia. A questo
punto dovremmo pensare che ci sia un’intesa tra le forze parlamentari
sul tipo di legge elettorale da varare. E invece, tranne un tentativo di far nascere un nuovo mostro, a noi comuni mortali non è dato sapere come procede il lavoro dei saggi.
Berlusconi continua a parlare di comunisti e di traditori (anche lui
dice la verità qualche volta) e per smentirlo il Pd ha nominato
responsabile delle riforme istituzionali (e quindi anche per la legge
elettorale) il saggio Luciano Violante, che nelle sue lezioni in giro
per l’Italia orgogliosamente si definisce “un comunista democratico”
(?).
Per il bene del Paese, care (in tutti i sensi) forze politiche
responsabili, fate calare il sipario su questa legislatura. Andiamo a
votare. Magari, se non è chiedere troppo, cari segretari di partito,
dato che la legge elettorale è uno strumento, provate ad utilizzarlo
bene. Meno collaboratori, parenti, amanti e amici. Più teste pensanti,
potrebbero tornarvi utili ma soprattutto ne ha bisogno l’Italia. Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 13 dicembre 2010.
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2 febbraio 2011
L'Italia è il paese che ama.
Quando si discute di politica italiana è
facile trovarsi di fronte persone comprese nel ruolo di guardie civiche o
di bersaglieri della morale. Sfilano orgogliosi un elenco come farebbe
la sposa con la sua giarrettiera, arringano impetuosamente persuasi di
avere dalla loro la stessa ragione di Cicerone su Verre, esibiscono
fieramente il loro disprezzo per una vita pubblica e privata votata a
sfrenato edonismo e manie di grandezza. Penso che il lettore abbia còlto
senza particolari affanni l’oggetto di questi rituali: il nostro
presidente del Consiglio, amato da una percentuale bulgara stando ai
sondaggi, odiato, dicono alcuni, dalla maggioranza degli italiani che
coltivano la passione della politica. Apprendiamo dagli elettori di
centrosinistra, soprattutto loro, che il rituale non è una novità:
Silvio Berlusconi è odiato dal 1994, il Paperon dei Paperoni della
politica italiana è assurto ormai a vero e proprio paradigma, e
probabilmente prim’ancora del suo attivismo politico.
In realtà, a un’attenta riflessione non è
esatto rendere partecipi di questo rituale solo i cittadini – in gran
parte elettori di centrosinistra (?) -, poiché abbiamo copiosi esempi
anche nella real schiatta della politica italiana. È un fenomeno
affascinante, da raccontare ai posteri (ai quali non chiederò per pudore
se la sentenza sarà ardua), tra i quali, c’è da giurarci, ne
valuteranno l’importanza gli studiosi di psicologia sociale. Chiaramente
non è il primo caso di atrofizzazione delle coscienze, né sarà
l’ultimo, ma è indicativo di come un ruolo possa prendere possesso del
libero arbitrio di un individuo e trasformarlo in una tessera di una
superiore unità che si è data come obiettivo l’eliminazione di un
feticcio. È un esperimento avvincente, perché se da un lato l’offensiva
fonda la sua legittimità sulla giustificazione morale e pratica dei
benefici supremi che determinerà la caduta del feticcio, questi armerà
la difesa con l’invincibile superiorità della sua divinità.
Fuor di metafora, che trovo più reale
comunque di un calcio nelle pudenda, il ciclo politico di Sua Altezza
Serenissima Silvio Berlusconi può arrestarsi soltanto uscendo da questo
fenomeno di psicopatologia sociale. Certo, l’uomo totus politicus
del III millennio è qualcosa di profondamente diverso dagli esempi che
ritroviamo copiosi lungo il XX secolo, in lui l’idealità politica può
restare confinata nella gabbia dorata della clinica e godere di
libagioni gargantuesche (offrendo gratuitamente il suo caso umano come
esperimento per futuri ricercatori), ma non è augurabile per un’intera nazione, per una popolazione che vede ormai il futuro come una minaccia.
Insomma, come si batte l’uomo catodico? La
genesi di quest’uomo può darci una possibile soluzione, una possibile
uscita da questo cul-de-sac. Sappiamo che il suo attivismo
politico è iniziato nel 1994, in un’epoca pesantemente condizionata dal
neo-comunismo. Qual è un tratto distintivo di Berlusconi? Tra gli altri,
penso di non sbagliare se cito il suo anticomunismo militante. Bingo!
Il livello dello scontro politico con la discesa in campo del Cavaliere
schizza a livelli parossistici. Dicendo forte e chiaro che la questione
comunista è ancora oggi la questione italiana, Berlusconi, politico borderline
come mai nessuno, ha còlto il nesso tra la storia della nostra
Repubblica e il presente. E chi ha tentato goffamente di negare che la
questione esista ancora è trattato allo stesso modo del malato allo
stato terminale che non riesce a pacificarsi e, perciò, preferisce
negare. Pietosamente.
Ora, c’è anche da chiedersi se il Silvio
nazionale sia l’inizio o la conclusione di un ciclo storico. A questa
domanda la mia risposta è chiara e definitiva: la sua è una politica del
tramonto, l’implosione di un sistema che ha provato diverse strade
senza raggiungere un equilibrio dinamico, dall’Italia liberale
giolittiana, all’Italia antifascista e anticomunista del secondo
dopoguerra, al fallito compromesso storico per giungere all’autonomismo
socialista degli anni ’80 che dopo aver raggiunto posizioni
d’avanguardia è franato per intrinseca debolezza, ma soprattutto per
oscure e invincibili forze che vedevano nel socialismo neo-turatiano un
disegno eversivo: smarcare l’Italia dalle due religioni di Stato.
Come uscire da questo cul-de-sac?
Beh, si potrebbe iniziare dalla
constatazione della posizione autoreferenziale dei quadri politici
antagonisti – non sembri una facile acquisizione – e lasciare per
selezione naturale, ma soprattutto per Realpolitik, che
emergano quei tribuni del popolo in grado di elaborare soluzioni e
proposte politiche volte a ottenere un ampio consenso tra gli elettori.
Ci si è, invece, lasciati sedurre dalla via americana, quelle primarie
che realisticamente non sono neanche lontane parenti della cultura
politica statunitense. Si fa torto all’America di Obama, si fa torto
alla grande tradizione europea.
In fondo l’operazione è meno complessa di
ciò che appare. Si tratta di ritornare all’ordinario, la difesa del bene
comune, invitando i politici ad abbandonare quel campo di battaglia che
tante vittime ha già mietuto, e quasi tutte del popolo. E da chi può
partire quest’invito? La risposta è banale ma efficace: dal popolo degli
elettori.
E il feticcio? È l’Italia il paese che ama,
un amore che incendia anche chi lo odia. Perché la ferocia del suo
amore ha colmato per anni il loro altrettanto feroce vuoto politico.
Accademia Hypatia
Pubblicato su the Front Page il 12 novembre 2010
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2 febbraio 2011
No leader, no party.
In una squadra di calcio solitamente tutti gli uomini della rosa
ambiscono a un posto da titolare, ognuno di loro prima e durante la
partita spera di essere decisivo, di fare goal. È la legittima
aspirazione di chi vuole essere protagonista. Nel calcio, così come in
qualsiasi ambito dove le qualità e le capacità del singolo vengono messe
a disposizione della squadra, c’è chi può fare la differenza. In
politica il protagonismo e l’ambizione, pur potendo sfociare
nell’individualismo, sono caratteristiche fondamentali di un politico di
razza.
Se guardiamo alla condizione in cui versa il Partito democratico ci
rendiamo conto che protagonismo e ambizione soventemente vengono
declinati solo per fini interni, per conquistare le leve dell’apparato,
raramente per ambire ad un ruolo di leader politico per la nazione.
L’inespressa aspirazione alla guida del governo e la difficoltà a essere
(e il dover essere che condiziona la proposta politica) accettati dall’establishment
economico e politico italiano sono forse i limiti maggiori che mostrano
la debolezza della classe dirigente democratica. Problema non di oggi
ma che ben presto si manifestò quando nel 1996 si trovò in Romano Prodi,
un tecnico organico alla politica, l’uomo in grado di rappresentare la
sintesi nello schieramento di centro-sinistra e di offrire garanzie ai
diversi poteri italiani e internazionali. Stessa scena nel 2006, stesso
risultato. Con il tecnico si vinse, con i politici – Rutelli nel 2001,
Veltroni nel 2008 – il centro-sinistra ha perso nettamente. Subito dopo
l’elezione di Bersani a segretario del Pd, lobbies politico-editoriali
egemoni nel centro-sinistra italiano hanno iniziato il tam tam della
necessità del papa straniero, di fatto delegittimando l’azione politica
di chi da statuto e in qualità di segretario dovrebbe essere il
candidato premier del Pd.
Orbene, minata l’ipotesi Bersani, che a parer di chi scrive già era
debole di suo, l’unica possibilità ancora a disposizione del Pd – prima
che Vendola lanci l’opa sui democratici – potrebbe essere una
competizione politico-programmatica per la candidatura a premier tra
Chiamparino e Letta. Quest’ultimo, eterno giovane, ma ormai non più il
solo, dovrebbe dimostrare quanto vale indipendentemente dall’anagrafe e
dalle parentele. Il Pd, giustamente, chiede competitività e produttività
alle imprese italiane, ma in primis risulta essere poco competitivo e incapace di produrre una classe dirigente autonoma e ambiziosa.
Gli esempi condizionano negativamente i giovani dirigenti cooptati,
troppo timorosi di disturbare le manovre del capo, poco inclini a
mettersi in gioco con proprie idee, troppo speranzosi di entrare in
lista. L’attuale classe dirigente del Pd sconta non soltanto la
formazione in un partito che non ha mai potuto esprimere il presidente
del Consiglio, ma soprattutto l’esser figlia del sistema dei partiti
della Prima repubblica. Al tempo, così come dovrebbe accadere oggi –
siamo o non siamo una repubblica parlamentare? -, i governi si facevano
in Parlamento, si faceva politica.
Se la politica non torna alla normalità, ci sarà spazio soltanto per i
partiti dei leader (vedi Vendola-Sel, Fini-Fli, Berlusconi-Pdl,
Casini-Udc, Di Pietro-Idv) e non per leader di partito. In questo quadro
il Pd non ha senso, gioca a poker con le regole della scala quaranta. Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 16 novembre 2010
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2 febbraio 2011
La Fiom è con Vendola, il Pd scelga il riformismo.
La manifestazione promossa dalla Fiom rappresenta una straordinaria
opportunità per il Partito democratico – forse l’ultima -, stretto così
com’è dalle sue mai risolte contraddizioni. Gli equilibrismi e il
malcelato collateralismo prodotti dalla sua classe dirigente hanno di
fatto reso ostaggi i democratici della loro incapacità di darsi un
profilo politico chiaro, ambizioso e strategicamente valido.
La piazza di Roma, ricca di retorica massimalista, conferma che
quella fascia di elettorato è ormai di appannaggio del narratore
Vendola. La partita per il Pd è persa, rincorrere quell’elettorato non
solo realizzerebbe una sovrapposizione politica debole (e perdente) per i
democratici, ma marcherebbe definitivamente la vocazione
all’opposizione di un partito che ambisce al governo del Paese. E’
giunto il momento di sciogliere questo nodo gordiano e forse soltanto
accettando questa realtà il Pd potrebbe finalmente riuscire ad occupare
lo spazio riformista – che a parere di chi scrive è ampio in Italia – di
cui la politica italiana ha bisogno.
Per quanto riguarda la questione del lavoro, nell’attuale scenario
politico italiano assistiamo al consolidamento di due posizioni
speculari ai rispettivi campi politici. Da un lato c’è la linea
“pilatesca” del governo fatta di annunci, di azioni e omissioni tendenti
a esasperare le contrapposizione tra i diversi soggetti protagonisti
della realtà produttiva italiana. Un non governo basato sul “divide et
impera”, i cui frutti migliori sono la disoccupazione dilagante,
l’assenza di un seria politica di sviluppo e l’annullamento della classe
media.
Sul fronte opposto c’è la linea sposata dalla Fiom-Cgil, sostenuta
politicamente da Vendola, strumentalmente dagli opportunisti alla Di
Pietro, e in silenzio dagli “speranzosi” esponenti del Pd che non si
rassegnano all’idea di non rappresentare più un determinato
elettorato. Questa linea politica si caratterizza per la mistificazione
della realtà, per una lettura di essa con gli occhi ideologizzati e di
partito, e per un’interpretazione dei fatti strumentale al proprio
disegno politico. Una linea della contingenza, che in ogni caso si
occupa del problema ma non della soluzione ad esso.
Bene, tra queste due opzioni politiche, l’Italia ha bisogno di una
terza modalità di azione che potrebbe e dovrebbe essere quella promossa e
sostenuta politicamente dal Pd: la linea del riformismo reale. Questa
posizione per essere spiegata necessita però di una premessa.
L’Occidente sta scoprendo che aver creato intenzionalmente o aver
avallato tacitamente per ragioni geo-economiche condizioni vantaggiose
per la pruduzione a basso costo di manodopera, è come aver scientemente
deciso di impostare diversamente lo sviluppo globale rinunciando di
fatto alla specificità “occidente”. Quest’impostazione sta portando
all’assurda conseguenza che non dovranno essere i paesi in via di
sviluppo a progredire, ma i paesi sviluppati a regredire. Una ricerca
dell’equilibrio al ribasso, sia sul piano dei diritti che su quello
materiale. Queste sono le ragioni dell’economia, le ragioni politiche
sono fuori da questo processo. Si è voluto marginalizzare la politica
quale luogo di mediazione degli interessi, confinandola ad un ruolo di
arbitro senza potere di intervento.
Nel caso Italia – che non è isolato ma inserito nel contesto globale
poc’anzi evidenziato – la concorrenza “sleale” dei paesi in via di
sviluppo dovuta all’assenza di normative a garanzia dei lavoratori ha
posto gli imprenditori dinanzi ad un bivio: sopravvivere,
delocalizzando o eventualmente eludendo la tassazione nelle forme più
“sicure” laddove si opti per mantenere la produzione in Italia, oppure chiudere per incapacità a concorrere con le attuali condizioni di mercato.
A questa condizione binaria il Partito democratico dovrebbe offirire
una soluzione o quantomeno fare delle proposte, quali: tassazione
consistente dei prodotti realizzati nei paesi dove non ci sono garanzie
per i lavoratori in linea con gli standard europei (un sano
protezionismo è in molti casi necessario), salario minimo europeo
obbligatorio da calcolare utilizzando come benchmark i paesi
dell’Eurozona, sgravi fiscali per chi non delocalizza,
sburocratizzazione della P.A. e dell’attività imprenditoriale, riduzione
del costo del lavoro e della pressione fiscale, ridefinizione dei
contratti di lavoro previsti dalla legge 30/03 alla luce dell’uso
distorto che si fa di essi.
Partecipare ma non aderire ad una manifestazione non risolve i
problemi del lavoro, non serve a definire un proprio profilo politico.
Manifesta invece la debolezza di un partito che non riesce a trovare il
bandolo della matassa. Se questo dovrà essere il Pd è meglio a questo
punto decretarne la morte. L’agonia non può più permettersela né il
centro-sinistra né in generale l’Italia.
Il Pd attualmente è in un cul de sac: o elabora e applica una nuova
strategia politica o continuerà a rimanere ostaggio della contingenza
regalando a Vendola & co. il tema del lavoro, a Di Pietro quello
della giustizia, ai Socialisti e ai Radicali quello della laicità dello
Stato e al centro-destra il governo del Paese.
Antonio Bruno Pubblicato su the Front Page il 17 ottobre 2010
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15 agosto 2010
Congresso Provinciale GD Salerno
Il mio intervento al Congresso Provinciale dei Giovani Democratici di Salerno.
Legge elettorale, fisco e giustizia.
20 giugno 2010
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19 aprile 2010
Partito Democratico: tra forma e sostanza
Negli ultimi mesi dirigenti e rappresentanti del
Partito democratico hanno discusso di congresso, partito “leggero” o “pesante”,
candidature, primarie, elezioni. Tra formule organizzative e interpretazioni
varie dell’avanzata della Lega e di Berlusconi (guai a chiamarla sconfitta del
Pd), la Politica tra i democratici stenta ad affermarsi come momento
prioritario. Da più parti è stato auspicato un confronto su temi come il
profilo politico del Pd, l’offerta politica – intesa come capacità di astrarsi
dalla dinamica berlusconiana per proporre soluzioni per il Paese durature e non
contingenti -, la ridefinizione dei confini politici del partito
attraverso contenuti politici e programmatici.
Solo buoni propositi, ma nella realtà si preferisce
parlare del contenitore e non dei contenuti. Individuare le priorità per
l’Italia, elaborare in maniera chiara proposte e modalità di realizzazione
delle stesse, potrebbe portare ad una selezione naturale degli alleati,
evitando fraintendimenti, rotture mediatiche e cartelli elettorali.
Governabilità: è da questo punto che bisogna partire per ricostruire un normale
quadro politico, aperto al protagonismo anche di altre forze che condividono lo
spirito della “democrazia governante”. Bisogna uscire dalla precarietà e
dall’incertezza dell’attuale situazione politica, e ciò serve al Pd e
all’Italia.
Stritolato dalla sua tendenza conservatrice, il Pd
vive un momento difficile. Sperare nell’implosione del Pdl, quasi rassegnati ai
limiti della propria azione politica, è sintomo di una crisi di idee e di
strategia politica più profonda della superficiale litigiosità che fino ad oggi
ha caratterizzato i democratici. I metodi e le scelte politiche fatte negli
ultimi 15 anni non suscitano più interesse nei cittadini, hanno esaurito il
loro potenziale. Era prevedibile, prima o poi i nodi vengono al pettine.
Nell’ultimo decennio in Italia ci sono state
trasformazioni sociali e culturali che, di fatto, hanno reso inadeguata la
strategia politica messa in atto dal Pd. Le pratiche di pura gestione del
potere non garantiscono più risultati elettorali e politici. Il voto è divenuto
sempre più mobile, soggetto ai condizionamenti sensazionalistici e mediatici.
Nella dinamica berlusconiana l’ideologia ha ceduto il passo al “fare/apparire”,
la programmazione politica è stata sostituita dai sondaggi.
Purtroppo anche il Pd è andato a ruota, avallando di
fatto una concezione della politica fondata sulla prassi e sul leaderismo. Non
c’è futuro per un partito senza un quadro teorico di riferimento, a meno che la
tentazione plebiscitaria, presente nel Pd, non faccia da pendant al
deserto ideologico. Un simile percorso sarebbe davvero autolesionista. Così
come lo è stato allearsi con Antonio Di Pietro, “attore protagonista” della
strategia berlusconiana basata sulla polarizzazione dello scontro. Stucchevole
è stata la querelle sull’autosufficienza o meno del Pd. Sarebbe il caso
di parlare dell’autosufficienza o meno della dirigenza a delineare percorsi politici
di ampio respiro.
Bisogna rimettere in moto l’elaborazione politica e
culturale con una competizione sui contenuti e non sulle tessere (reali?), per
vincere le elezioni e non solo i congressi. Correnti di pensiero, e non
eserciti per faide tra leaders. Né la selezione della classe dirigente basata
sull’anagrafe né il rinnovamento autopoietico consentiranno al Pd di superare
la crisi attuale. Credo che sia necessario individuare la sostanza del partito
e rimettere eventualmente in discussione – se necessario – il progetto
democratico, per ridefinire il quadro politico del centrosinistra, recuperando
la tradizione riformista. Altrimenti il Pd continuerà ad essere minoranza
nel Paese.
Articolo pubblicato su FrontPage
Antonio Bruno
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2 marzo 2010
Circolo Giovani Democratici "B. Craxi"- Vallo della Lucania
Il giorno 1 marzo 2010 presso la sede del Partito Democratico di Vallo
della Lucania è stato costituito il circolo dei Giovani Democratici “B.
Craxi” di Vallo della Lucania. Nella prima fase di tesseramento si è
registrata l’adesione di 20 giovani di età inferiore ai 29 anni.
Animati da spirito propositivo, i Giovani Democratici di Vallo della
Lucania metteranno a disposizione della propria comunità il loro
impegno e la loro passione, fiduciosi di poter contribuire alla
crescita politica e sociale del Comprensorio Vallese. Convinti che la
partecipazione e la responsabilizzazione della generazione under 30
possa ridurre la diffidenza verso la Politica, i giovani democratici
del circolo “B. Craxi” di Vallo della Lucania, si auspicano una
partecipazione sempre più numerosa.
Comunica Stampa
Circolo Giovani Democratici "B. Craxi" - Vallo della Lucania Facebook: Giovani Democratici Vallo
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22 ottobre 2009
Consiglio Comunale di Vallo della Lucania
Seduta del Consiglio Comunale di Vallo della Lucania del 19-10-2009. La ripresa audiovisiva è un'iniziativa del Partito Democratico di Vallo della Lucania.

Antonio Bruno: Responsabile Comunicazione PD Vallo della Lucania
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15 ottobre 2009
Idee Giovani per Bersani - Il mio intervento
Assemblea pubblica della rete Idee Giovani per Bersani con ENZO
AMENDOLA (candidato segreteria regionale PD Campania per la mozione
Bersani) e l'On. LIVIA TURCO.
Il mio intervento:
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15 ottobre 2009
La Sinistra in crisi d'identità, la destra avanza.
E’ un pò di tempo ormai che un’associazione che si richiama
all’”estremocentroalto” e con un preciso obiettivo di radicamento
sociale e territoriale riempie le pagine dei giornali e risveglia nei
giovani della sinistra un sentimento di indefinito antifascismo. Sto
parlando di Casapound, ultimo movimento, ma non per importanza, che si
sta sviluppando nella galassia della destra italiana. Guai a chiamarli
fascisti senza specificare la loro collocazione temporale: il terzo
millennio! Fin qui, nulla di nuovo nel panorama italiano delle
categorie politiche: rossi, neri, comunisti, fascisti. Categorie di cui
potremmo farne tranquillamente a meno.
Desta invece irritazione (nei nostri ambienti di centrosinistra) la
volontà di Casapound di “appropriarsi” di certi ambiti politici
considerati fino ad oggi di esclusivo appannaggio della sinistra, per
tradizione, per cultura, o chissà, magari per diritto ereditario.
Il sociale, un ambito politico in cui c’è stata e c’è un’egemonia da
parte delle forze di centrosinistra, è diventato in questo periodo il
campo di battaglia dei movimenti di destra.
A Roma mentre Veltroni organizzava il Festival del Cinema, la destra
faceva proselitismo nei quartieri popolari. Alemanno Sindaco.
Nelle Università mentre i giovani di “sinistra” si avvitavano in
inutili discussioni sul ’68 o sul G8, piuttosto che occuparsi dei
problemi che vivono gli universitari, Azione Giovani conquistava
lentamente la maggioranza in numerosi consigli di facoltà.
Al nord mentre i sindacati si preoccupavano di scalini e scaloni pensionistici, la Lega attirava il consenso degli operai.
Oggi a Napoli assistiamo quasi stupiti all’occupazione da parte di
giovani attivisti di Casapound di uno stabile di proprietà del Comune.
Da “Sinistra” proteste, cortei, pubblicità gratuita a Casapound,
manifestazioni e inni all’antifascismo militante. Non una parola sul
perché quello stabile si trovi in quelle condizioni. Non una parola sul
perché da anni la sinistra non fa più la sinistra. Non una parola sulla
qualità della vita a Napoli, in Campania.
La cultura del nemico, dell’antagonismo per categorie, contestata
(giustamente) a Berlusconi, sta prendendo quota tra i giovani di
sinistra, legittimando implicitamente movimenti come Casapound.
Al di là dei gravi e nostalgici richiami al fascismo che viziano
qualsiasi forma di confronto politico con Casapound – perdonatemi ma
sono un volteriano alla Pertini – sarebbe opportuno entrare nel merito
delle proposte che vengono da quest’associazione. Il mutuo sociale, il
part-time retribuito per intero alle giovani madri, gli alloggi
sociali. Proposte che, da militante del centrosinistra, valuterei senza
alcun pregiudizio. Sull’omofobia, il razzismo, che seppur non
esplicitamente promossi dall’associazione, si respirano nell’aria
“nera”, nessuno sconto da parte nostra.
In virtù di queste considerazioni ritengo il percorso del
centrosinistra segnato: o riscopre le proprie radici, tornando a fare
il sindacato del territorio, non con sterili proteste bensì con la
politica, o è condannato a perdere nei luoghi che gli appartengo per
cultura e tradizione. Non si può campare di rendita. E quando Bersani
sostiene che il dato preoccupante è il consenso di Berlusconi tra il
popolo, altro non dice, a mio parere, che bisogna tornare tra la gente,
seriamente. Riscoprire il sociale è l’unico modo per recuperare quella
credibilità persa in questi anni. In poche parole, TORNIAMO A FARE
POLITICA.
30-09-2009
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21 giugno 2009
ReD Vallo della Lucania - Sapri - Golfo di Policastro: analisi del voto e prospettive politiche.
Non è mai superfluo, dopo una
tornata elettorale, interrogarsi sulle ragioni che hanno determinato il
prevalere di una proposta politica sull’altra. Inutile dire che tra i diversi
contendenti l’analisi è sempre coartata in funzione della propria strategia,
determinando un’analisi strumentale che non alimenta le dinamiche politiche. E’
la teoria dei due forni, si sceglie quello che garantisce un pane migliore.
Tutti vincitori, nessun vinto.
Noi rifiutiamo questa logica,
perché ReD nasce come associazione di donne e uomini che amano la politica e
che vogliono farla incontrare con tante persone;
perché ReD vuole costruire tante
“piazze delle idee”;
perché ReD non si sottrae alla
vocazione che gli è propria, quella di osservatorio politico.
Sentiamo di essere un’opportunità
per il Partito Democratico, laboratorio di un riformismo forte e moderno capace
di governare il terzo millennio, punto d’incontro delle culture
liberal-socialista e cattolico-sociale.
C’è una verità nuda e cruda che
questa campagna elettorale ha evidenziato: la scarsa propensione a rendere partecipi i cittadini di un
progetto comune.
Gossip, dietrologia, esercizio
verbale fine a sé stesso hanno trovato uno spazio smisurato, costringendo le
idee al di fuori del perimetro socio-politico.
La
politica si è resa evanescente come un paese che ha condizioni competitive non
può consentire. Deve allarmare la costante regressione che interessa quei
luoghi e quei modi che un tempo alimentavano l’analisi interpretativa sui
processi sociali, economici e politici. I mass media, in tal senso,
restituiscono la sintesi compiuta di quanto sia diventata residuale l’idea
dialettica del “dibattito”.
Malgrado tutto, nonostante la crisi in
atto, siamo persuasi che questo vuoto dialettico finirà per riprodurre anche in
Italia un insopprimibile bisogno di politica. Di più, finirà per riprodurre
attorno alle ragioni della crisi la dialettica abituale tra conservatori e
progressisti. Tra chi scommette sul cambiamento necessario e chi resiste al
cambiamento. La storia ci aiuta a dire che la politica seria può tornare di
moda. Noi di ReD crediamo fermamente in un nuovo rinascimento della politica,
ed è per questo che invitiamo tutti a tenere seriamente aperti quei luoghi
residuali di analisi e di aprirne altri per tenere viva l’attenzione su
processi che noi giudichiamo reversibili, per prepararsi alle conseguenze che
la crisi può generare sullo scenario ora asfittico della politica italiana.
Cari cilentani, questo vale a
maggior ragione per il nostro territorio.
C’è
l’urgenza di una nuova stagione che stimoli i cilentani a riappropriarsi degli
spazi politici, a praticare quella “politica identitaria” mai concretamente
perseguita. Non ci sembra che i nostri rappresentanti abbiano curato
quest’aspetto, irretiti come sempre in quelle dinamiche ancillari che mal
sopportano la centralità dell’identitarismo cilentano nel dibattito politico.
Eppure abbiamo notato nei comuni cilentani una buona propensione a rendersi
attori di un progetto di crescita e sviluppo del territorio, e ciò interessa
giovani e meno giovani. C’è dunque, reale, uno scollamento tra la classe
dirigente e il cittadino, una sospensione tra chi “amministra” il territorio e
chi “vive” il territorio.
Personalismi
e campanilismi soffocano le nostre comunità, ma non sono i cittadini a
sponsorizzare queste pratiche autolesioniste. A qualcuno interessa farlo
credere, ma noi siamo qui per smentirli.
Troppo spesso una parte della
società italiana è pronta a barattare la passione politica per un posto di
lavoro "sospeso" che, in un mercato lavorativo concorrenziale, non
spetterebbe a chi l’ha prenotato. La raccomandazione non è soltanto una
degenerazione della pratica di governo, ma un'aspirazione che interessa non
pochi strati della popolazione civile.
Noi “Riformisti e
Democratici” invitiamo i cilentani ad
alzare un’unica voce contro chi ci vuole più deboli. E’ questa l’unica strada
praticabile per reggere il confronto con realtà che ci sovrastano
politicamente, economicamente ed elettoralmente.
Ci si lamenta del
“napolicentrismo” ma troppo spesso si dà fiducia a chi fonda la sua politica
sul dividere più che sul ricercare le ragioni della solidarietà: è l’idea di
chi asseconda solo il proprio successo e la propria voglia di potere.
Noi
di ReD invitiamo i cittadini cilentani a sfiduciare chi allontana la sua azione
politica dal recupero di una necessaria coesione tra le nostre comunità, chi
non mostra alcun interesse su una politica territoriale solidale. E’ il momento
di ritornare alla politica attiva, di annullare la distanza tra politica e
cittadini, in Italia come nel Cilento.
Il
passo successivo toccherà al riformismo.
Siamo
convinti che occorra recuperare l’alleanza riformista tra merito e bisogno, nel
momento in cui sono molto più agguerrite le fortezze presidiate dai difensori
dello status quo. La trasformazione del presente è il punto conclusivo di un
percorso che si può realizzare solo con la partecipazione, con le idee, con la
dialettica e la condivisione di un progetto comune.
I
“Riformisti e Democratici” di Vallo della Lucania e del Golfo di Policastro non
si sottrarranno al gravoso impegno: raccogliere tutte le energie sociali,
intellettuali e politiche disposte a misurarsi con la sfida del cambiamento, per costruire una comunità di
cittadini libera, forte, ambiziosa e coesa.
CRISTIANO DE CESARE SABATO VINCI
ANTONIO BRUNO
(ReD
Vallo della Lucania
(ReD Sapri-Golfo di Policastro
red_vallodellalucaniahotmail.it) redcarnation@hotmail.it)
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12 aprile 2009
UN'IDEA RIFORMISTA PER LO SVILUPPO DEL CILENTO
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16 gennaio 2009
CILENTO, E' ORA DI RIFLETTERE
La vicenda dell’A.s.l.
Sa 3 conferma l’opinione che mi sono fatto della politica cilentana nel corso
di questi anni: naviga a vista senza una
meta.
Inevitabilmente e, ahimè, improduttivamente, ogni discussione politica seria, al di là
dell’oggetto di essa, finisce per essere un momento di sterile contrapposizione
verbale sull’uomo e non sull’idea o l’azione.
Sarà forse dovuto
all’inesperienza politica, intesa come assenza di una scuola di formazione
politica, o a una precisa volontà della classe dirigente autoreferenziale, che
il Cilento, ad oggi, non ha una prospettiva politica. Il guardare oltre alle questioni
interne dei “partiti”, l’ambizione a
recitare un ruolo da protagonista, la volontà di differenziarsi dalla
malapolitica campana e in generale italiana. Tutti questi elementi dovrebbero
ispirare l’azione politica cilentana e, invece, apriamo gli occhi e vediamo
solo puerili divisioni campanilistiche, l’affermarsi dell’idea della politica
come interesse per fini personali, baronie, e malessere.
Si, il malessere che si respira nell’aria, l’insoddisfazione
per la mancanza di vitalità, il venir meno giorno dopo giorno della speranza di
un cambiamento possibile; questi sono sintomi di una crisi che è molto più complessa e più
pericolosa rispetto alle altre crisi, vere o presunte. Credo che la politica
non sappia dare le giuste risposte a questo malessere. Non perché non è in
grado (e lo dico per presunzione di non colpevolezza…), ma perché non ci prova.
Forse il problema non è l’assenza di risposte adeguate, ma l’incapacità di
porsi le domande. Ad esempio: cosa serve più ai cilentani, avere l’A.s.l. Sa 3
o avere un servizio sanitario di qualità?
La politica per me “europeo”
dovrebbe essere soprattutto paideia,
esempio, guida, non soltanto ricerca ossessiva del consenso. Gli americani
lentamente tendono ad europeizzarsi mentre noi lentamente ci avviciniamo alla
politica – marketing americana!!! Questioni di convenienza…
Quanto al cittadino,
dovrebbe mettersi in guardia dai c.d. effetti di assimilazione, che si
verificano ogniqualvolta egli percepisce le opinioni espresse nel messaggio
politico come più prossime alle sue di quanto non lo sono nella realtà. Ciò è
dovuto soprattutto allo scarso interesse del cittadino medio nei confronti
della res publica e,
all’inconsapevolezza del ruolo che invece può recitare nella società. E’ più facile delegare. Questione di
convenienza(?)…
Per quanto riguarda
invece una pessima tendenza che si sta affermando anche nel nostro Cilento,
ossia la legittimazione popolare come sanatoria di ogni male, ritengo che essa
non può e non deve essere un alibi per i politici inclini a portare avanti i loro interessi
personali a discapito dell’interesse generale.
Sull’acquisizione del
consenso si dovrebbe aprire una seria riflessione. Per quanto tempo ancora si potrà andare
avanti con la logica del do ut des?
Cari amici cilentani sono anni ormai che stiamo dando senza ottenere nulla,
anzi stiamo perdendo, non l’A.s.l, o qualche altro centro di potere, ma le risorse
umane, le migliori menti. Guardatevi intorno, siamo sempre di meno, una
decrescita demografica costante, comuni che in disprezzo del buon senso
difendono campanilisticamente il loro “diritto a morire” pur di non unirsi e
fare sistema. Parafrasando il titolo di un film e di un romanzo di successo “No country for old man”, tristemente mi vien da dire: “Cilento – No country for young man”.
Ritornando alla
paventata ipotesi di soppressione dell’A.s.l. Sa 3, sarebbe stato molto più
facile per me presentare la vicenda offrendo al lettore soltanto gli argomenti
a sostegno della posizione prevalente nel Cilento, ossia la ritorsione
politica, l’ingiustificata avidità salernitana.
Invece ho tentato di
porre all’attenzione del lettore entrambi i lati della vicenda: la ritorsione
politica e la cattiva gestione (a mio
avviso) non tanto economica ma politica dell’A.s.l Sa 3.
Discutiamo nel merito
della questione, proponiamo soluzioni possibili. Ve ne sarete resi conto tutti
della debolezza dei politici nel Cilento, sono in difficoltà e cercano aiuto e
consenso. Che vigliaccheria, quando le cose vanno apparentemente bene fanno a
meno di chiedere la partecipazione dei cittadini, quando invece non sono in
grado di risolvere i problemi tentano di usarci come pedine del loro
scacchiere.
Prossimamente
riporterò, se autorizzato, alcune riflessioni sull’A.s.l. Sa 3 che mi sono
state inviate.
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6 gennaio 2009
ASL SA 3: AI "PAZIENTI" L'ULTIMA PAROLA
Riporto di seguito i video dell’Assemblea Cittadina che si è tenuta a Vallo della Lucania il 3 gennaio 2009 dal tema: “Salviamo la sanità e l’autonomia del Cilento e Vallo di Diano”. Come molti di voi già sapranno la Regione Campania ha varato il piano di rientro dal disavanzo sanitario al fine di evitare il commissariamento della sanità campana da parte del Governo. Essendo una semplice presentazione mi limiterò a cartografare cursoriamente la questione. Il piano prevede una razionalizzazione della spesa che si traduce in tagli di posti letto e in una (probabile) diminuzione delle A.S.L. presenti sul territorio regionale; la provincia di Salerno sembrerebbe ricevere il peggior trattamento tenuto conto che la diminuzione dovrebbe colpire due delle tre A.s.l. che gravitano nella provincia salernitana. Come dire, la coperta è troppo corta, da una parte bisogna tagliare. Volendo sorvolare sul fatto che soltanto la minaccia del commissariamento ha condotto la giunta campana a intaccare selettivamente i serbatoi elettorali dei vari dominus della regione e a porre un freno allo sperpero di denaro pubblico, la scelta di assegnare una sola A.S.L per provincia ha risvegliato nei cittadini campani, o meglio a una parte di essi, quell’interesse al servizio sanitario che per molti anni è stato latitante. Ma come stanno realmente le cose in merito all’A.s.l. Sa 3? Il think tank cilentano lamenta una grave perdita per il territorio, non si fida della gestione salernitana, teme una penalizzazione del territorio meno influente politicamente (il Cilento) a vantaggio di Salerno e hinterland. Soltanto qualche timido accenno all’utente, ossia al cittadino. Mistero. Le cariche dirigenziali in questa tormentata vicenda sembrano contare più della qualità del servizio reso ai cittadini. Spaventa l’ipotesi dell’A.s.l. unica, ma si tace sulla gestione clientelare della sanità posta in essere in questi anni. Un silenzio in realtà assordante, tant’è che lo scrivente legge nella nuova posizione del consiglio regionale e, di conseguenza, del Pd campano la volontà politica di ridefinire ruoli e posizioni. Nessuna censura sulla malasanità, oggi in Campania è in atto una faida politica e, more solito, a pagare saremo noi cittadini. Dunque, una faida interessa l’area del Partito Democratico, partito che oggi gestisce l’A.s.l Sa 3, partito rappresentato in questo territorio dal vice-presidente della giunta regionale Antonio Valiante. Un nuovo martire per il Cilento? O, piuttosto, l’incapacità cronica dei cilentani a leggere una realtà ben più complessa? Ai “Pazienti” l’ultima parola...
I VIDEO DELL'ASSEMBLEA CITTADINA
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18 novembre 2008
COLLETTI SPORCHI di PINOTTI E TESCAROLI
Il
white collar crime è un reato inafferrabile, eppure molto pericoloso
per la democrazia perchè corrompe il tessuto dei nostri rapporti
sociali, dell’economia e del lavoro. Per smontarne i meccanismi,
Pinotti e Tescaroli attraversano la storia più oscura del nostro Paese,
raccontandone le vicende e interogando la memoria dei protagonisti. In
questa intensa ricostruzione, le voci di grandi magistrati, tra cui
Caselli, Ingroia, Di Matteo, Petralia, Gratteri, si intrecciano alle
parole dei collaboratori di giustizia, da Buscetta a Brusca a Cancemi.
Alle riflessioni dell’economista Loretta Napoleoni fanno da
contrappunto il pensiero del banchiere Giovanni Bazoli, e del direttore
di “Foreign Policy” Moisés Naìm. Il quadro che ne emerge è inquietante:
è nella zona grigia il vero terreno della lotta per la legalità. 
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16 novembre 2008
CARNEVALE - DELL'UTRI, CHE STRANA COINCIDENZA...
Chi lo avrebbe mai
detto che sarebbe bastato un lodo per risolvere i problemi della giustizia in
Italia? Da quando è finita la persecuzione giudiziaria dell’integerrimo
sostenitore della legalità e dell’eguaglianza giuridica degli italiani, il suo portaborse
preferito è impegnato a svecchiare la macchina giudiziaria. Il ventenne
Berlusconi non vuole essere ricordato come un gerontocrate!!!
La Corte di
Cassazione doveva essere di esempio in
questo progetto di ringiovanimento, per questo l’illuminato Alfano ha deciso
che chi, se non un giovane giudice come Corrado Carnevale dovesse essere l’interprete
di questo nuovo corso. Alla giovane età di 80 anni (il limite in magistratura è
di 75 anni) , grazie ad un decreto ad
personam n.143/2008 lo sbarbatello
Carnevale potrà concorrere alla carica di presidente della Corte di Cassazione,
è in virtù della sua tenera età sbaraglierà tutti i suoi concorrenti. Del resto
c’è gente che con il principio di anzianità ha una certa familiarità.
Quindi sappiamo in
anticipo che, salute permettendo, dal 2010 con ogni probabilità la Corte di
Cassazione sarà presieduta dal giovane Carnevale. Ma chi è questo giovanotto?
Mah..uno “sconosciuto” giudice di “periferia” che è stato perseguitato soltanto
per aver cassato (in cassazione) sentenze che riguardavano processi di bassa
importanza. Che sarà la Mafia, la Banda della Magliana….suvvia in Italia ci
sono problemi più importanti. E poi nel 2008 ancora si parla di certe cose, lo
volete capire una volta per tutte che la Mafia non esiste. Purtroppo in Italia abbiamo questa pessima
abitudine di autodenigrarci. Piuttosto parliamo delle “risorse” del nostro paese, che ne
so la Fininvest….
Lasciamo alla storia, o
a quello che ne rimarrà, le vicende giudiziarie di Corrado Carnevale. Mi
preoccupa l’idea che un giudice così “chiacchierato” probabilmente sarà il
Presidente della Corte di Cassazione dal 2010 fino al 2013.
Guarda caso, per una “banale
coincidenza” presumibilmente nell’arco temporale della probabile presidenza
Carnevale, in Cassazione arriverà il processo per concorso esterno in
associazione mafiosa a Marcello Dell’Utri, noto pregiudicato parlamentare nonché
braccio destro del ventenne (il ventennio di questo passo sarà superato)
Berlusconi.
Carnevale – Dell’Utri
che strana coincidenza…
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15 settembre 2008
SICURO DI ESSERE UN CITTADINO LIBERO?
Cercare
di fare un’analisi lucida sulla questione “sicurezza” in Italia non è semplice
data la lobotomizzazione mediatica delle masse in atto. I media italiani
dipendono dal ministero della finzione. Pensare autonomamente è ormai divenuto
un lusso (o un demerito) per pochi. Come già ampiamente sostenuto in precedenti
post, dopo l’ondata mediatica sull’emergenza sicurezza, finalmente si dirà, il
mago Berlusconi ha incantato nuovamente gli italiani. Sono due mesi che non ci
sono più stupri, omicidi, rapine, pizzo ecc…L’Italia è improvvisamente
rinsavita. Mi chiedo provocatoriamente quando inizierà la nuova serie di “Come
Cogne, più di Cogne”, il miglior programma televisivo per distrarre gli
italiani… Vespa e Mentana sono pronti. Ma
è davvero così o l’Italia che ci propinano i media non ha riscontro nella
realtà? Vi siete mai chiesti cosa sappiamo davvero di ciò che accade in Italia?
Sarà forse che la manipolazione dell’informazione mira a creare l’humus adatto
dove far crescere un popolo che non deve porsi interrogativi ? Verità e chimere
in questa società si confondono…
L’essere
sicuri è ben altra cosa dal sentirsi sicuri. La percezione qui gioca un ruolo
fondamentale, ed è proprio su questo che punta l’imbonitore Berlusconi. Io sono
sicuro quando lo Stato mi garantisce attivamente e passivamente la tutela dei
miei diritti fondamentali. Se lo Stato non riesce più ad esercitare il suo
potere di imperio sui consociati, allora non c’è più spazio per i diritti e i
doveri. Si ritorna all’homo homini lupus. Del resto ci sono tutte le condizioni
affinché ciò si realizzi: impunità, affermazione di modelli comportamentali
basati sulla prevaricazione ad ogni costo, mafie di stato. "Si dirà, serve un uomo forte al governo". E
chi se non il debole può essere l’agnello sacrificale dato in nome della
sicurezza e dell’uomo forte? Chi se non coloro che non possono esercitare pressioni politiche (lobbing) può essere
destinatario di provvedimenti per rendere sicura la vita degli italiani? Oggi il debole si chiama extracomunitario,
prostituta, lavoratore onesto. Domani potrà chiamarsi semplicemente cittadino, giacché
la strada che porta al dispotismo vede
in lui un ostacolo, o almeno così era prima della narcotizzazione delle
coscienze civili. Probabilmente gran parte degli italiani non opporrebbe alcuna
resistenza. Prendete pure i nostri diritti non abbiamo che farne sarebbe la
risposta.
State
attinte a non cadere in facili conclusioni.
Il
dispotismo può manifestarsi anche sotto mentite spoglie. Suvvia, la politica in
Italia è televisione. Ciò che appare non è. Bisogna chiedersi però, cosa hanno
pagato per la libertà le generazioni che attualmente vivono quest’Italia?
Sentiamo nostre le esigenze che portarono alla costituzione democratica? Sentiamo ancora il bisogno dei nostri diritti
o siamo pronti a cederli al primo burattinaio di turno? Possiamo con
“sicurezza” affermare che i diritti di cui godiamo oggi siano saldamente
acquisiti?Dobbiamo sperimentare la privazione della libertà prima di poter darle
il valore che le spetta? Oggi non c’è
più la dittatura che studiamo nei libri di storia. Quelle forme così sfrontate
non servono, sono controproducenti, sono destinate a finire. Oggi basta
controllare l’informazione. E’ questa sorta di via di mezzo tra la democrazia e
la dittatura che impedisce agli italiani di rivendicare i propri diritti e di
temere per essi.
Conoscere
l’interlocutore è di primaria importanza nei rapporti di fiducia. Gli italiani
conoscono i propri politici?
L’inganno
in Italia si realizza grazie alla mancanza di memoria storica: la continua e
vergognosa rivalutazione storica del fascismo sta privando gli italiani dei
necessari punti fermi della democrazia. La libertà non è negoziabile.
Ritornando
alla questione sicurezza, che dire dell’inutilità dei militari presenti nelle
nostre città, sembrano degli apprendisti poliziotti. Soldi buttati, niente
altro. Ignoravo che i problemi maggiori in Italia fossero legati
all’accattonaggio, alle risse da bar o al gravissimo problema dei
graffitari!!!
I
militari in strada salutati con orgoglio dai sindaci sceriffi? Poca sostanza ma
molto effetto, colpiscono il cittadino e lo fanno sentire più sicuro. Non
importa poi se la polizia non ha la benzina per le macchine, le cancellerie dei
tribunali sembrano dei bazar, o che per
intraprendere un’attività economica bisogna pagare l’addizionale locale alle
varie mafie…( pizzo o tangente politica per me sono la stessa cosa) Ma si sa, lo spot sulla sicurezza rende molto
di più di un’effettiva sicurezza. La certezza della pena fa paura a troppi
politici. Meglio tagliare 400 milioni di euro alle forze dell’ordine e collocare
3000 militari nelle città. Il governo con una mano taglia i fondi e con l’altra
inganna. Basta poco per ingannare un popolo narcotizzato.
Tra
l’essere e l’apparire questo governo, subdolamente, ha optato per la seconda
scelta.
Io
mi sento sicuro che di questo passo
dovrò prendere qualche lezione di disonestà per sperare in un futuro
lavorativo decente. Almeno questa sicurezza la politica me l’ha data. E di
questi tempi non è poco…
| inviato da parteattiva il 15/9/2008 alle 14:40 | |
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9 settembre 2008
IL TURISMO NEL CILENTO: UN BILANCIO NEGATIVO
Ormai
l’estate è finita e ora è tempo di bilanci. Il turismo nel Cilento
è alla canna del gas, fatta eccezione per qualche famiglia che abitualmente vi
trascorre l’estate, il bilancio complessivo di questa estate 2008 è pessimo. Prezzi
non concorrenziali e mancanza di un’offerta turistica alternativa al solito
mare e ombrellone davanti a lidi che sembrano in realtà delle palafitte. In
Toscana hanno realizzato le vie del vino, perché nel Cilento non facciamo le
vie dell’olio? Puntare esclusivamente alla valorizzazione(?) della fascia
costiera ha un senso soltanto se l’entroterra ha già la forza per attrarre un
turismo di qualità. Credo che le forze politiche abbiano siglato una sorta di
pax cilentana, temendo che alterare l’equilibrio, raggiunto dopo anni ed anni
di clientele e impoverimento culturale del Cilento, possa far vacillare i loro
feudi. Sarà per questo che le dimissioni “forzate” del Prof. De Masi dalla
presidenza del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano sono state salutate
con una sorta di silenzioso rallegramento soprattutto da parte della compagine
di centrosinistra. Rinnovamento politico nel Cilento vuol dire passare da padre
in figlio!!! Il modello De Masi rappresentava un pericolo per tutti quei
politici cilentani che hanno fatto del clientelismo e della gestione familiare
della politica un loro segno distintivo.
Le
cause del mancato sviluppo economico e
di conseguenza anche del turismo cilentano sono molteplici, ma tutte aventi un
minimo comune denominatore: la politica. 
In
un paese normale i fondi per la microfiliera del turismo dati con la formula
degli aiuti “de minimis” sarebbero
serviti per incrementare l’offerta ricettiva sia di fascia media che di fascia
alta. Nel nostro Cilento invece chi voleva ristrutturare la propria casa ha
pensato bene di sfruttare questi fondi, improvvisandosi operatore turistico per
pochi mesi l’anno. Il risultato è l’assenza di professionalità e la carente
offerta ricettiva di qualità. La
politica sta comprando il silenzio dei cittadini, che ancora una volta si
accontentano di qualche contentino tipo il concerto di Pino Daniele a Palinuro ( tra
l’altro davvero deludente!!!) o qualche sagra. Che aspirazioni mediocri regnano
nel nostro Cilento!!! La
svolta cilentana potrebbe partire da Agropoli, dove probabilmente sorgerà un
club Med.
Resta
da far capire ai politicanti cilentani che oggi la competizione nel settore
turistico è globale, la gente a parità di costo tra il Cilento e Barcellona
sceglie quest’ultima.
E’ online l’intervista ad
alcuni membri del comitato “Pro De Masi”. Ecco il link Una giornata con il comitato "Pro De Masi"
| inviato da parteattiva il 9/9/2008 alle 16:50 | |
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23 maggio 2008
ITALIA...
"Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo
per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone
che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico,
vi è un passaggio assai pericoloso.
Quando il gusto per il benessere
materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell’abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si
lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per
conquistare. Preoccupati solo di fare
fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di
ciascuno alla prosperità di tutti.
In casi del genere, non sarà neanche
necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a
privarsene volentieri. Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile
momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che
si preoccupi per un po’ di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà
a rispondere del resto.
Che garantisca l’ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo
il solo mantenimento dell’ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del
suo benessere e da un momento all’altro può presentarsi l’uomo destinato ad
asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri
affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere.
Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini
rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o
disattenta, che agiscono in mezzo all’universale immobilità disponendo a
capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui
costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in
che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo". Tratto da "La democrazia in America" - A. Tocqueville
| inviato da parteattiva il 23/5/2008 alle 20:26 | |
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19 maggio 2008
VIOLENZA, DALLA PARTE DI CHI LA SUBISCE. SEMPRE.
di Giuseppe Di Vietri
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E’
la notte a cavallo tra l’ultimo di aprile e il primo di maggio. In città,
ognuno a modo suo, approfitta dell’occasione per fare baldoria con gli amici.
Una birra, uno sguardo fugace lanciato ad una ragazza, una passeggiata.
Giovani. Una serata come tante. In un luogo come tanti. Un gruppo di cinque
ventenni si avvicina ad un altro gruppo chiedendo ad uno di questi una
sigaretta. Costui appone il suo rifiuto e questi – a quanto pare – reagiscono
in maniera inconsulta aggredendo il gruppetto di tre. Tutti o solo alcuni dei
cinque se le suonano con i malcapitati (i quali comunque partecipano al
certamen) e continuano il pestaggio anche quando uno di essi è a terra,
indifeso, martoriato. Giovani. Una serata come tante. In un luogo come tanti. A
questo punto ci si aspetta il solito e
talvolta bigotto ragionare sui giovani; si sarebbe aperta la solita
passerella di supposizioni: “sera di festa… le due di notte… gli amici, i
locali… avranno bevuto! Si saranno fatti qualche canna!”.Ma
improvvisamente, allorquando la questura comunica le varie piste investigative,
ci si accorge che questa cosa non poteva essere compiuta da ragazzi “normali”,
in un luogo come tanti. Improvvisamente quell’ipotesi investigativa diviene il
leit motiv della discussione. Non interessa cosa hanno voluto significare le
autorità competenti. Il cerchio è chiuso. Quei ragazzi erano di estrema destra,
il fattaccio è accaduto a Verona, ergo è un aggressione politica. E’ tutto
chiaro come la luce del sole: non può non essere che così. Eccellente Watson:
stai ricomponendo il quadro! Non interessa come sono andate le cose. E’ già tutto chiaro! Diamine se lo è! Vorrei
ricapitolare: sera di festa - rissa per futili motivi - ragazzo morto -
aggressori appartenenti all’estrema destra. Tutto chiaro: adesso bisogna solo
ipotizzare quale elemento si sia realizzato in quella sede tale da giustificare
in uno schema ideologico e comportamentale di un nazi-fascista il porre in
essere l’atto violento: “sarà stato comunista!”.Non
importa a nessuno se quel povero cristo fosse stato effettivamente comunista o
meno: magari lo era, e magari glielo avrà detto anche in faccia a quella
sottospecie di animali che lo hanno ammazzato che lui era un rosso e fiero di
esserlo. E a questi paladini neanche importa cosa lui pensasse effettivamente.
Quello che conta è il fatto che c’è un morto e che gli aggressori erano di
estrema destra. Ciò è più che necessario per marciare!! “Nicola, è vivo e lotta
insieme a noi!” Per
questi paladini della vita umana c’è la necessità di dimostrare che
necessariamente i nazi sono degli animali violenti che sguazzano nella rozzezza
e si nutrono di odio. E magari lo sono. Anzi, lo sono sicuramente. Ma non
importa: tu Nicola sei solo un elemento nell’impianto argomentativo di chi
necessita di dimostrare che lo sono. E lo sono perché hanno aggredito per un
futile motivo o perché hanno infierito su un ragazzo a terra già pestato a
sangue? Forse la prima. Forse la seconda. Forse tutte e due. Non importa: si ha
il realizzarsi di un comportamento violento connaturato nell’ideologia
nazi-fascista e ciò è bastevole. E
se invece Nicola fosse ancora in vita e, ferma restando la dinamica degli
eventi, magari in quattro tavole di legno si ci trovava uno dei cinque
aggressori? Che
reazione avremmo avuto oggi? “Nazi
bastardi se la sono cercata, così imparano!” E
magari, anzi sicuramente, i paladini oggi avrebbero parlato non del ragazzo
morto (perché è quello che a noi sta a cuore:
la vita spezzata, no?) ma avrebbero incentrato le loro argomentazioni
sul fatto che Verona è una città violenta, in cui è dominante una cultura di
estrema destra la cui natura ha trovato necessario sfogo in
quell’aggressione; e sostanzialmente è
quello che fanno già ora, ma almeno non
avrebbero sbandierato il morto come argomento incontestabile della giustezza
della loro crociata o apponendolo a spada di Damocle su coloro che avessero
osato dire mezza parola al riguardo: “C’è il morto! Sei un insensibile” Non
è così? E’
il povero cristo che giace freddo sotto terra a starci a cuore? E
quando mai una mobilitazione per un ragazzo morto dopo una rissa serale? E
quando mai si aperta una discussione – tra noi giovani innanzitutto –al sentire
di azioni anche più efferate poste in essere da nostri congenerazionali? Mi
sbaglio? E
della povera Lorena, perché noi giovani non ne parliamo? Tre
vermi a cui lei si era concessa l’hanno soffocata dopo averla riempita di
botte, dopo averla martoriata con calci e pugni. Una ragazza, indifesa, e con
la quale gli assassini avevano avuto rapporti intimi.. Neanche l’aver più volte
condiviso un’esperienza di quel tipo con lei ha creato un qualche genere di
freno . Ma
di lei a questi paladini-della-vita-spezzata interessa poco. Forse
perché più che paladini della vita umana sono paladini dell’antifascismo (non
che ciò sia di per sé un male). Non
che costoro se ne freghino
(assolutamente no!), ma per quanto sbigottiti e magari addolorati, di certo non
hanno avuto quella sacrosanta tensione giustizialista come nel caso del povero
Nicola (ma il nome forse poco importa: chiamiamolo
“morto-ammazzato-da-neo-nazi”) Ma
perché ciò?? VIDEST
RESPONSUM Bisogna
fermarsi un momentino a ragionare e farsi un profondo esame di coscienza, e non
perché si stia agendo in mala fede o per scopi disdicevoli - la cultura della
violenza è un elemento presente nel mondo dell’estrema destra (ma fortunatamente non in tutto) e purtroppo
in alcuni casi non isolati riveste addirittura una valenza costituente CHE DEVE
ESSERE SRADICATA (e sottolineo questo
termine) SENZA MEZZI TERMINI E SENZA ESITAZIONE ALCUNA - ma perchè vi è stato un accanimento nella
ricerca di UNA verità specifica, una verità ideologicamente preconfezionata il
cui successivo ed eventuale riscontro non ne giustifica nella maniera più
assoluta il formarsi. E
con la stessa fermezza deve essere SRADICATA anche quella che si trova dall’altra parte della barricata. L’assioma
DESTRA-ODIO-VIOLENZA “PURA” e SINISTRA-RISPETTO-PACIFISMO è una baggianata
colossale: provate ad andare a Bologna con una maglietta della X-Mas e fatemi
sapere se sarete accolti da ragazzi festosi che proveranno a convincervi con
“mettete dei fiori nei vostri cannoni”. Penso
che frasi del tipo “L’unico fascista buono è quello morto” o “se vedo un punto nero gli sparo a vista”
siano esemplificative di quanto la violenza e l’odio per il diverso sia
connaturato e radicato anche qui (e sottolineo, non per par condicio
argomentativa ma per onestà intellettuale, che fortunatamente non in tutta
l’estrema sinistra). Ora ci sarà anche
qualcuno che, anche solo nella sua testa, proverà a circoscrivere il fenomeno
violento nel mondo della sinistra, ma questo sarà solo la dimostrazione del
modo di porsi IDEOLOGICAMENTE FUNZIONALE in sede di formazione e argomentazione
di un giudizio sulla violenza; magari dicendo che quelli non sono esattamente
della propria corrente politica, oppure che sono dei semplici cretini, oppure
altro… Ma perché, non si può asserire lo stesso dall’altra parte e per l’altra
parte? E
magari si porranno in essere delle argomentazioni sulla differenza tra destra e
sinistra bla bla bla,.. Ma qua nessuno deve portare acqua al proprio mulino,
altrimenti siamo ancor più dei disonesti. LA
VIOLENZA E’ SEMPRE VIOLENZA. Se
poi si ritiene che per sconfiggere il neo-fascismo si può usare violenza,
allora la discussione non è più sulla violenza (se per qualcuno lo è mai stata)
ma si discute circa il merito, circa la validità e la giustezza del fine nobile
o malsano che la muove. Spero
che concordiate su questo punto con me, altrimenti devo per forza di cose
dedurre che si sostiene il carattere discrezionale del giudizio di esecrabilità
dell’atto offensivo. Non
penso che si sostenga questo, ma nel
caso in cui sia questo il modus (e
purtroppo sono tanti i cretini che la pensano in questa maniera, da una parte e
dall’altra) allora il discutere del gesto violento di destra diviene solo una
scusa per attaccare un avversario
politico, con buona pace di Nicola. Un
ragazzo come tanti.
Avvertenza:
la mia non è nella maniera più assoluta un’apologia di nessun colore politico.
Quello che ho detto, fatte le ovvie modifiche per alcuni passi, è valevole anche invertendo la “cromatura”
degli aventi causa. Giuseppe Di Vietri
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17 maggio 2008
COME TI PLASMO L'ELETTORATO: REALTA' ARTIFICIALI E TECNICHE DI MANIPOLAZIONE
E’
desolante constatare che in Italia l’informazione sia l’instrumentum
regni della politica e non un servizio per i cittadini; lo è ancor di più
non vedere alcuna via d’uscita a questo fascismo mediatico. L’emergenza
immigrazione è stata costruita a tavolino e subliminalmente inculcata agli
italiani mediante un continuo bombardamento mediatico. In questi ultimi mesi i
mass-media hanno dedicato aperture di telegiornali, titoloni da prima pagina,
approfondimenti e salotti al tema della sicurezza, senza mai citare però il più
grande problema di sicurezza che c’è in Italia: le mafie. Si ricollega la
questione della sicurezza esclusivamente all’immigrazione,ma si è mai sentito
discutere del problema sicurezza contestualmente a quello del malfunzionamento
della giustizia? Si usa l’informazione per generare nel
cittadino false percezioni, grazie alle
quali sarà lo stesso cittadino a reclamare a gran voce provvedimenti per la
sicurezza. La politica prima crea mediaticamente l’emergenza, poi si erge a
portavoce delle istanze dei cittadini. Signori, questa è la dittatura delle
masse pilotate, è la negazione della politica. Un politico quando deve compiere
delle scelte non può lasciarsi influenzare del volere della massa, ma deve
essere lungimirante. Questo è quanto ci insegna Tocqueville ne “La democrazia in America”. Diversa è
però la situazione italiana, dove è la stessa politica ad influenzare
massicciamente l’opinione pubblica tramite l’informazione “unica”. L’esempio
che riportiamo è particolarmente efficace in quanto illustra quanto sia agevole
canalizzare le paure e i più bassi istinti delle masse mediante la creazione ad hoc di un “nemico” comune. Guardiamo da vicino la genesi di
quest’ennesima emergenza “sicurezza”: nel 2006 la Romania è entrata nell’Unione
Europea, ed essendo venuti meno i limiti alla circolazione in Europa, si è
posto il problema, in ambito europeo, di come affrontare la migrazione
massiccia dei romeni e maggiormente dei rom. Germania, Gran Bretagna e in parte
anche la Francia hanno previsto un piano di contenimento degli ingressi,
limitando di fatto la migrazione dei romeni ( e rom) nei propri territori.
L’Italia invece non ha posto nessun limite, ma è bene precisare che nel momento
in cui la Romania è entrata a far parte dell’Unione Europea, il governo
italiano era guidato da Berlusconi. Non porre limiti all’immigrazione romena
era un atto dovuto, l’Italia, con le sue 20-30000 imprese delocalizzate sul
territorio romeno, è il primo partner commerciale della Romania.
All’imprenditore italiano non conviene investire nel sud Italia, perché qui da
noi pur beneficiando degli sgravi fiscali previsti per (ri)lanciare la
produzione nel mezzogiorno d’Italia, si troverebbe costretto a pagare una
tassa, o meglio un’addizionale locale, che non è possibile evadere: il pizzo. Notate
in che modo lo stato esercita il suo potere di imperio: al nord si parla di
commissari straordinari per l’emergenza rom, al sud la camorra si fa Stato:
risolve il problema dei rom bruciandogli i campi. I rom sono l’agnello sacrificale
legittimante il potere della camorra.
- Faccio
una piccola parentesi sul rapporto che intercorre tra i rom e la camorra. I
roghi dei rifiuti tossici nella provincia napoletana e casertana sono
commissionati dalla camorra ai rom. -
L’Italia
(precisamente alcune zone d’Italia come Campania, Sicilia e Calabria) è il
paese in Europa con la più alta concentrazione di organizzazioni criminali, ma
la politica non dice una parola (ormai i fatti non esistono più) su mafia,
camorra, ndrangheta, sacra corona unita, stidda, banda della magliana, e chi
più ne ha più ne metta. L’informazione di regime, con i culi e con le tette
delle veline narcotizza la coscienza civile dei cittadini, e con i
giornalisti-zerbini cancella e riscrive la storia, inverte le azioni
prioritarie che la politica deve compiere per il bene del paese; in poche
parole, questa informazione sta lobotomizzando gli italiani.
Come
sono attuali 1984 di George Orwell e
di Fahrenheit 451 di Ray
Bradbury!!! Si salvi chi può…e chi vuole!!!
P.S.
Il
21 maggio si terrà a Napoli il primo consiglio dei ministri del governo(?)
Berlusconi. Si parlerà anche di rifiuti.
Non mi stupirei se Berlusconi proponesse la realizzazione di 10
termovalorizzatori-termodistruttori-inceneritori.
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11 maggio 2008
IL NAUFRAGIO
La
vittoria annunciata delle elezioni politiche da parte del sempreverde
Berlusconi, e l’affermazione di Alemanno a Roma segnano l’inizio del countdown.
Il sistema si mostrerà con le vesti dell’entourage Berlusconiano, e in un
processo incontrollabile si genererà l’anti-sistema. Ovviamente gli interpreti
dell’altra faccia del potere non potranno più essere coloro che fino a pochi giorni fa erano il
sistema superficiale del potere stesso. Veltroni & Co. a casa…si può
fare!!! Solo chi non ha occhi per vedere e orecchie per sentire, e ahimè in Italia
ce ne sono molti, può negare o confutare a proprio piacimento il ruolo
determinante svolto dall’informazione in questi anni di sospensione della
politica, intesa come servizio per la collettività. Gli interessi personali o
partitici hanno fatto smarrire il fine dell’azione politica di un governo, di
un parlamento o di qualsivoglia istituzione. Il progresso materiale e culturale
del popolo italiano collide con le logiche individualiste e settarie
dell’attuale politica italiana. Berlusconi non ha un progetto, è un
semi-dittatore utile solo a se stesso. Gli anni novanta hanno fatto emergere
l’incapacità e la vera natura degli uomini politici della sinistra italiana. Mascherati
da paladini della questione morale, questi uomini senza senso che si facevano
chiamare comunisti, appena hanno accarezzato la calamita del potere, lungamente
sognata, hanno tolto la maschera e hanno mostrato la loro vera natura, calpestando
la questione morale e gli ideali socialisti (che non hanno nulla in comune con
il socialismo italiano recente). Poco accorti e figli di un’ideologia(?)
incompatibile con la realtà italiana, i padri della seconda repubblica delle
banane, si sono fatti travolgere dal potere. Solo chi ha un progetto politico
ben preciso e un’ideale che svolga la funzione di faro può opporre resistenza
all’immane forza corruttrice del potere. Beh, questi uomini della sinistra
italiana erano sprovvisti dei necessari ancoraggi, e il naufragio prima o poi
doveva avvenire. Oggi possiamo dire con gioia e leggerezza d’animo che la nave
è affondata senza il suo capitano, semplicemente perché non c’era nessun
capitano. Credo che dagli inizi degli anni novanta sia iniziato il percorso di
avvicinamento all’anno 0 della sinistra. Ora è il momento dell’autocritica e
dei saluti finali.
Sul
fronte opposto il sistema Berlusconi è stato allevato seguendo schemi e
procedure tipiche di un altro sistema di potere, o meglio del sommo potere, l’Impero:
con il controllo dell’informazione è giunto a influenzare le coscienze degli
italiani, anche di quelli avversi alla sua politica. E’ bene dirlo, Berlusconi
ama questa sinistra italiana, a lei deve l’autorizzazione a candidarsi alle
elezioni politiche del 1994,
a lei deve soprattutto il disorientamento degli elettori
di sinistra.
Già
dalla fine degli anni novanta il sistema Berlusconi era pronto per riprodursi,
era maturo per essere elevato a religione. Il depauperamento costante della
coscienza critica e civile operato dalla televisone italiana, vedi reality
farsa, falsi miti made in Costanzo & De Filippi, informazione e
approfondimento modello Bruno Vespa – Emilio Fede, rispondono ad una logica ben
precisa, che è quella di creare le condizioni ottimali per far nascere i figli
del sistema Berlusconi: gli elettori – drone di cui parlava Cristiano in un
precedente articolo. Berlusconi ha creato dei mostri replicanti, tra i quali lo
stesso PD.
pd
pdl
informazione
coscienze
italia
| inviato da parteattiva il 11/5/2008 alle 16:26 | |
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7 maggio 2008
INTERVISTA AD ALESSANDRO IACUELLI
Un'inchiesta giornalistica sul vero dramma dell'emergenza rifiuti in Campania: lo smaltimento illegale dei rifiuti speciali. Dalla morte di Ilaria Alpi , agli ultimi sversamenti illegali nelle discariche abusive della camorra, passando per la gestione commissariale, l'appalto alla FIBE , le caratteristiche tecniche dei termovalorizzatori (TERMODISTRUTTORI) da realizzare in Campania, e le prospettive future. Una lucida riflessione sul lento omicidio di massa dei cittadini campani, troppo spesso dimenticato dalle istituzioni e dai mass media nazionali.
Intervista: Antonio Bruno www.parteattiva.ilcannocchiale.it Riprese e Montaggio: Diego Nunziata Produzione: Arcoiris Campania
Visita il sito: www.alessandroiacuelli.net
Le vie infinite dei rifiuti
L'inquinamento costante e sistematico dell'ambiente e dei suoi abitanti sta cambiando la morfologia del paesaggio, rendendolo ormai molto simile ad una grande discarica. Ciò che è visibile ad occhio nudo, tuttavia, non basta per comprendere un fenomeno molto più complesso, il cosiddetto "business dei rifiuti" Nel desolante paesaggio generale emerge Napoli, che agonizza soffocata dalle esalazioni dei rifiuti urbani, e la Campania, che muore avvelenata da materiali tossici, dalla politica compiacente e dalla criminalità che la assedia. "Le vie infinite dei rifiuti" è un'inchiesta giornalistica che ricostruisce il viaggio e lo smaltimento dei materiali tossici verso la Campania e le motivazioni concrete dell'ormai cronica "emergenza rifiuti" della regione.
P.S. L'intervista potrebbe non partire con Internet Explorer
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3 maggio 2008
CERCASI COLLABORATORI
Il
blog in questi mesi è cresciuto in qualità e in numero di articoli, ma non
basta. La mia intenzione è quella di
creare un web-journal alternativo che si occupi di temi come la legalità(es. monitoraggio
delle istituzioni locali), la giustizia, la laicità, la politica in generale,
ma anche di musica, cultura ed eventi. Ovviamente questo progetto non può
essere portato avanti solo da me, per questo invito chiunque di voi abbia
intenzione di collaborare a questa iniziativa ad inviarmi una e-mail a parteattiva@hotmail.it, o a lasciare
un commento.
Vi
segnalo inoltre che le tematiche trattate nel futuro web-journal potranno
essere oggetto di video - documentari, inchieste giornalistiche, interviste o
altro. Arcoiris Tv (916 sul satellite) Campania è ormai una realtà.
P.S
Se volete realizzare un video di un vostro evento, o avete un’idea da proporre,
non esitate a contattarmi. La redazione campana di Arcoiris TV è a vostra
disposizione.
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29 aprile 2008
ANDAMENTO DEMOGRAFICO NEL CILENTO
Per
quanto riguarda l’andamento demografico nel Cilento, dal 1961 si è registrato
un trend positivo che ha avuto il suo picco massimo nel rilevamento istat del
1991 con 247000 abitanti. Dal 1991 ad oggi invece c’è stato un calo
significante della popolazione cilentana che è passata da 247000 abitanti
circa, a 225000 abitanti circa.
In
50 comuni del Cilento la generazione del 2006 non riuscirà a formare una prima
classe elementare a causa del progressivo calo demografico che dal 1991 ad oggi
si registra nel nostro territorio. Nel febbraio 2007 la Regione Campania ha
emanato, nel rispetto della l.r. n.4 del 1998, il bando per l’assegnazione
degli incentivi per il riequilibrio demografico dei centri montani (BURC n.10
del 12 febbraio 2007) impegnando 2.800.000 euro. Il Bando prevedeva “l’erogazione
di un contributo sulle spese di acquisto, recupero e/o costruzioni di immobili
da destinare ad abitazione principale ai soggetti che stabiliscono la
propria residenza a dimora abituale, unitamente alla propria attività
economica, nei comuni montani di cui all’elenco allegato al bando”, elenco
di cui fanno parte 38 dei 50 comuni in via di spopolamento. Iniziative
come questa, di incentivi al reinsediamento, possono giovare solo se
accompagnate da politiche specifiche tese al risanamento dei problemi
strutturali dell’area, che non si risolvano nei soliti finanziamenti a
“pioggia” ma mirino a convogliare le
risorse in progetti dotati di effettivo coordinamento e
programmaticità. E’ illusorio pensare di poter incidere
significativamente con progetti a breve termine senza affrontare le
questioni strutturali che minano lo sviluppo del territorio, quali la
mancanza di infrastrutture, l’assenza di un serio programma di
incentivi al turismo di qualità, ma soprattutto la mancanza di un
programma di formazione lavorativa per i giovani. Tutte queste proposte sono
destinate a rimanere utopie se non si estirpa la piaga sociale del
clientelismo, che è il vero nemico dello sviluppo del nostro
territorio. Una classe politica mediocre è capace di selezionare soltanto amministratori mediocri. Ricerca sullo spopolamento di 50 comuni cilentani


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28 aprile 2008
IL NOSTRO PUNTO DI VISTA
Sabato
26 aprile a Vallo della Lucania si è tenuto l’incontro organizzato dai
socialisti locali dal tema “Dialogando sull’azione politica ed amministrativa:
riflessioni e prospettive” come da noi segnalato nei giorni scorsi. Come altresì segnalato, anche due nostri
interventi erano previsti –giacché in programma- ma avendo gli organizzatori preferito che il
mio intervento avvenisse senza la proiezione delle diapositive riguardanti il
nostro lavoro, abbiamo ritenuto opportuno non intervenire, vista la maturata
impossibilità di presentare il nostro lavoro in maniera completa, organica ed
esaustiva. Voglio fortemente precisare che non c’è stata alcuna forma di
censura, del resto io ed Emilio eravamo stati invitati ad intervenire e
avevamo messo a conoscenza gli organizzatori del contenuto del nostro
intervento. Probabilmente ci sono state
divergenze di metodo e di organizzazione dell’incontro. In ogni caso, di fondamentale importanza è iniziare un percorso di rinnovamento dell’azione politica nel Cilento, e
siamo contenti che i socialisti vallesi si facciano interpreti di
quest’esigenza.
L’idea
di sviluppare un osservatorio degli
avvenimenti politici sia a livello nazionale che locale muove dalla nostra
convinzione che la sterilità del dibattito politico sia dovuta in larga parte
al disinteresse che i cittadini hanno nei confronti della vita politica del
paese, e maggiormente delle comunità territoriali in cui risiedono. La funzione
del blog, in quanto osservatorio, è quella di monitoraggio delle istituzioni
locali, fermo restando che la denuncia sociale deve essere accompagnata da
proposte alternative di sviluppo. La mancanza di informazione e la disinformazione costante praticata dai
mass media, influisce ancor di più negativamente nel Cilento, dato il retaggio
culturale oscurantista di cui è vittima
la nostra terra. Beh, non credo che possa essere definito eretico se dico che
la politica nel Cilento è di totale appannaggio di prosapie illustri che pur
non avendo dato nulla al territorio, godono di una rete di consensi creata ad
hoc attraverso un clientelismo strisciante e capillare. In un contesto
privo di spirito critico e costruttivo, condito con un servilismo in stile
medioevale, l’ignoranza diviene davvero forza e garanzia di potere.
Progettualità e lungimiranza politica non sono termini che si addicono ai
politici che amministrano, e non governano, il nostro territorio. Basti pensare agli aiuti de minimis dati alla microfiliera artigianale o
turistica privi di una chiara strategia di sviluppo, oppure alla gestione della
sanità dove il clientelismo sta riducendo gli standard qualitativi.
L’arretratezza culturale ed economica delle nostre zone è stata ed è figlia di
uomini politici, a cui maldestramente abbiamo accordato la nostra fiducia, che
guardacaso spesso conoscevano il Cilento solo come espressione geografica.
Nei prossimi giorni
metterò a vostra disposizione le diapositive che avevamo elaborato per
l’incontro del 26 aprile.
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