9 gennaio 2008
CRONACA DI UNA CRISI ANNUNCIATA
In
questi giorni di “normale” degrado ambientale in Campania, l’opinione pubblica
nazionale e internazionale, sta difficilmente cercando di capire in che modo si
sia potuto arrivare alla situazione disastrosa in cui versa l’agonizzante
Regione Campania. La storia maledetta inizia negli anni ottanta, quando la
punta di diamante della criminalità organizzata campana, i casalesi, ha fiutato
il “puzzo” del business della monnezza, disseminando nel territorio casertano e
napoletano rifiuti tossici provenienti dalle più svariate attività industriali,
il tutto con la complicità di amministratori e istituzioni locali. L’attività
di smaltimento è andata “bene”, e ahimè, le ultime indagini delle magistratura
confermano che ad oggi è ancora una voce importante del bilancio dei clan
camorristici campani. Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie al
disinteressamento della politica, che si occupa del fenomeno malavitoso
soltanto quando il tasso criminale raggiunge livelli di percezione così alti da
non poter non intervenire. Del resto connivenze e infiltrazioni camorristiche compensano
le sporadiche manifestazioni di legalità che caratterizzano l’universo politico
campano e non. La diossina, i liquami tossici non sono eclatanti e rumorosi
come i colpi di pistola, hanno la capacità di ammazzare senza far rumore, sono
killer’s silenziosi, e rendono più della droga. Sono ormai decenni che campani
e non mangiano i prodotti delle terre della morte, ma come molto spesso accade,
l’economia viene anteposta alla salute dei cittadini, con il tragico risultato
dell’innalzamento dei tumori. Ritornando alla cronistoria della tragedia
annunciata della munnezza killer, gli anni novanta segnano il punto di non
ritorno della crisi. La chiusura delle discariche comunali che per anni hanno ingoiato
rifiuti di ogni tipo, ha reso necessaria,
almeno formalmente, la realizzazione di strutture idonee a lavorare e a
smaltire i rifiuti, caratterizzate entrambe dalla nuova frontiere del business
energetico dei combustibili da rifiuto (cdr). La giunta regionale guidata dal
presidente Rastrelli decise allora di affidare la realizzazione dei suddetti
impianti all’Impregilo, una garanzia di rischio, data la poca esperienza
dell’azienda nel settore. E intanto i rifiuti si moltiplicano come i pani, la
gente si ammala, e la realizzazione degli inceneritori procede solo sulla
carta. Di raccolta differenziata non se
ne parla. Cambia il colore politico della giunta regionale, e il presidente
Bassolino, in ottemperanza alla continuità amministrativa, osserva inerte il
fallimento del piano di realizzazione dei termovalorizzatori. Chissà come mai
quest’inerzia non si è registrata con riguardo all’utilizzo dei fondi
comunitari(?). L’opinione pubblica si
indigna a pranzo o a cena guardando i telegiornali, e l’unica risposta che la
politica è in grado di dare alla crisi, che ormai non può essere definita
emergenza, ma semplicemente normale degrado ambientale, è l’apertura di “nuove vecchie” discariche. In tutta
questa farsa mediatica, il campano, per dirla alla Coleridge è “come uno che, per strada deserta cammina tra
paura e terrore e, guardandosi indietro, prosegue e non volta mai più la testa
perché sa che un orrendo demonio a breve distanza lo insegue”. Il demonio
si chiama cancro da diossina, un mostro omogeneizzatore che bussa alle porte di
tutti, ricchi e poveri, vittime e carnefici. Da questa triste situazione non se
ne esce in una settimana o in 120 giorni (il tempo del mandato del nuovo
commissario governativo), e nemmeno il De Gennaro dei tempi migliori, quelli
della lotta alla mafia, può con un colpo di bacchetta magica risolvere la
crisi. Cinque milioni di ecoballe giacciono sul suolo campano, e per di più non
sono neanche smaltibili mediante termovalorizzazione. Tempo fa alcune di esse
furono testate nel termovalorizzatore di Terni, e l’esito fu negativissimo:
blocco dell’impianto dovuto alla presenza di sostanze radioattive. Nuovamente
caleranno i riflettori sull’omicidio di massa campano e la morte continuerà a
fare il suo corso. 
“Non si
piange sulla propria storia, si cambia rotta”. -Spinoza-
“Non é vero che abbiamo poco tempo: la
verità é che ne perdiamo molto”. -Seneca- Leggi anche:
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